Prima dell’istituzione del sistema del conclave, l’elezione dei papi avveniva senza regole ben definite. Alla morte di un papa, il disaccordo tra cardinali poteva estendere il processo elettivo, quindi il periodo di vuoto papale, per diversi mesi se non per diversi anni. Nel 1271, fu l’elezione di Papa Gregorio X, protratta per più di tre anni, la prima a comportare una reclusione cardinalizia nel palazzo episcopale di Viterbo. Nutriti a pane ed acqua e sotto il tetto scoperchiato del Palazzo dei Papi, i cardinali vennero segregati così da accelerare l’ottenimento di una decisione.
Tra i sistemi elettorali più antichi del mondo, la necessità di imporre un sistema “sottochiave” per la nomina del Sommo Pontefice nasce quindi da una condizione di indecisione e dubbio, più che a puro scopo di segretezza. Ed è il dubbio, apparentemente, il filo rosso del Conclave di Edward Berger, thriller politico-morale che inscena l’elezione di un nuovo leader della Chiesa cattolica a seguito della morte improvvisa del precedente papa. Il film, presentato al Telluride Film Festival e portato in anteprima all’ultima Festa del Cinema di Roma, adatta l’omonimo best seller di Robert Harris, con protagonista Ralph Fiennes nel ruolo del decano Thomas Lawrence, incaricato a soprassedere all’elezione.
Nel suo complesso, Conclave è una pellicola singolare. Il film è retto, su tutto, da un cast d’eccezione (oltre a Fiennes, sono presenti grandi nomi internazionali come Stanley Tucci e John Lithgow, ma anche icone del cinema italiano come Sergio Castellitto e Isabella Rossellini) e dalle ottime intuizioni visive di Berger, già manifeste nella precedente produzione Netflix Niente di nuovo sul fronte occidentale. Eppure, se l’incipit suggerisce una discussione complessa come quella di un’incertezza, dello stesso papa, verso la natura dell’istituzione ecclesiastica, la narrazione si sposta in un’esasperata catena di intrighi e conflitti interni. Intrattenente, grottesca, fedele al soggetto letterario, ma di una certa superficialità considerate le potenzialità della premessa. Allo stesso tempo, l’iniziale (e stimolante) divisione di pensiero tra i cardinali, quindi l’anteposizione di Chiesa come luogo di tradizione e Chiesa come organismo di progresso, si arena in un conflitto di dinamiche di potere e di grettezza umana.
Appropriatamente assimilato a un Succession in Cappella Sistina, Conclave eccelle in singole sequenze o elementi – quindi nelle interpretazioni attoriali, regia e fotografia, sonoro, alcuni passaggi di sceneggiatura – ma risulta, complessivamente, un prodotto traballante. Non solo a causa della risoluzione affrettata e ottimisticamente semplicistica, ma per una sceneggiatura che oscilla tra l’encomiabile e il didascalico. La splendida esposizione visiva (un sottotesto di imponenti geometrie e monocromie rosse – nere – bianche), appare essa stessa sprecata di fronte alla scelta, nel terzo atto, di ribadire il messaggio del film in un monologo dottrinale, lasciando l’impressione che il regista non si “fidi” della capacità dello spettatore di discernerlo se non tramite un’esposizione esplicita.
In linea di massima, Conclave è un buon thriller e un buon film di intrattenimento, sublimato dall’oculato lavoro tecnico, registico, e interpretativo. La carenza principale risiede nell’incapacità di apportare una reale profondità a un discorso estremamente attuale, limitandosi al sostenere un’idea di progresso auspicabile ma macchiettistica, quanto a elevare un soggetto dalle potenzialità molto più stimolanti.
Beatrice Gangi