Al suo secondo lungometraggio in qualità di regista, S. Craig Zahler ha già dimostrato di essere una figura da tenere assolutamente d’occhio. Se già nel suo primo Bone Tomahawk era chiaro come l’americano fosse a suo agio dietro la macchina da presa, in Brawl in Cell Block 99 le sue qualità si rendono ancora più evidenti, in particolar modo nel suo essere in grado di esprimere un’idea di cinema con una precisa raison d’être che fa della semplicità e del realismo i suoi mantra.
Brawl in Cell Block 99 è allo stesso tempo un film d’azione incredibilmente realistico nella sua rappresentazione della violenza, un prison movie e un revenge movie. Ma, più precisamente, è prima di tutto un prodotto incredibilmente anacronistico, un film la cui esistenza al giorno d’oggi sembra quasi trascendere le meccaniche industriali proprie del cinema americano contemporaneo. L’opera di Zahler infatti sembra un film d’exploitation di qualche decade fa, una pellicola le cui immagini si traducono in un’esplicita messa in scena di una violenza bruta e ferale il cui fine è il puro raggiungimento dello scopo del protagonista. La semplicità di Brawl in Cell Block 99 è inoltre il suo punto di forza maggiore, la trama va dritta al punto e disvela i propri nodi narrativi nei momenti più consoni al suo sviluppo.
Lo spettatore si trova così presto inserito all’interno delle vicende personali di Bradley Thomas, un ex pugile che si dedica allo spaccio di sostanze stupefacenti dopo aver bruscamente perso il lavoro da un giorno all’altro. Bradley appare subito come una personalità dura e forte, ma non per questo incanala appieno gli stereotipi del caso. Dopo aver scoperto il tradimento della moglie ad esempio, pur di non farle del male sfoga la sua frustrazione facendo letteralmente a pezzi la sua automobile, in un gesto che non solo dimostra la sua forza bruta, ma che in seguito ad un dialogo riappacificatore rende evidente la sua volontà di poter perdonare quanto successo, con il buon proposito di cercare di migliorare se stesso per superare il momento difficile. Momento che, una volta passato, si ripresenterà in forma diversa con l’incarcerazione di Bradley, che dall’interno della prigione dovrà trovare il modo di evitare che alcuni dei suoi ex collaboratori riversino il loro desiderio di vendetta nei suoi confronti proprio su sua moglie e sul figlio nascituro.
È proprio nel momento dell’incarcerazione di Bradley che il film incomincia a decollare. Se la prima ora di setting scorre senza troppi particolari sussulti, la seconda parte dell’opera è una vera e propria escalation di violenza che spesso assume anche delle vaghe tinte camp, come nel grottesco incontro di pugilato tra una guardia carceraria e il protagonista durante il suo secondo giorno di reclusione. Inoltre, da un punto di vista strettamente estetico, il passaggio dai toni più chiari della prima parte del film sino a quelli più cupi del carcere di massima sicurezza di Redleaf sono un ottimo veicolo per permettere allo spettatore di abituarsi progressivamente alla grande mole di violenza visiva che Zahler gli propone. Il grande merito dell’ottima riuscita di Brawl in Cell Block 99 tuttavia risiede soprattutto nell’insolita quanto incredibile interpretazione fornita da Vince Vaughn, sicuramente una delle migliori della sua carriera.
Prodotto atipico e originale nel panorama cinematografico americano attuale, Brawl in Cell Block 99 è un film stanco di Hollywood, un ritorno ad un certo passato quasi dimenticato che tuttavia non risulta essere un passo indietro ma anzi, sembra quasi volersi proporre come un nuovo punto di partenza all’interno di un oceano di action movie fatti con lo stampino. Sebbene questi ultimi difficilmente cesseranno mai di esistere, è bello vedere che c’è comunque ancora qualcuno che crede in qualcosa di diverso.
Daniele Sacchi