Il massacro di Srebrenica è uno tra gli episodi più gravi della storia recente dell’Europa, un vero e proprio tentativo di compiere un genocidio verso i bosgnacchi – i bosniaci musulmani – avvenuto durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina. Jasmila Žbanić, con Quo vadis, Aida? (in concorso alla 77esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia), decide di raccontarcelo attraverso il medium cinematografico, cercando di fornirci la sua interpretazione degli eventi. Parliamo di “interpretazione” e non di resoconto storico perché Quo vadis, Aida? è prima di tutto un’opera di finzione modellata su fatti realmente accaduti, un film, dunque, che prende le mosse dal reale per mettere in scena un punto di vista preciso su di esso. Più nello specifico, Jasmila Žbanić decide di narrarci il massacro avvenuto a Srebrenica attraverso gli occhi di Aida, una donna bosniaca che lavora come interprete per l’ONU.
La posizione di Aida è ambigua. Se da un lato la donna è chiaramente interessata al destino della sua famiglia, dall’altro lato ha degli obblighi precisi nei confronti dell’istituzione che rappresenta. Con l’occupazione della città di Srebrenica da parte delle truppe guidate dal temibile generale Ratko Mladić, Aida si trova a dover cercare di proteggere come può i propri figli – fuggitivi perché parte delle forze bosniache di resistenza all’occupazione – e il marito, mentre cerca allo stesso tempo di non venire meno ai suoi doveri. Tutto questo mentre all’interno e all’esterno della base dell’ONU sono accalcate migliaia di persone, in fuga dalla guerra, con gli ufficiali incaricati di gestire la situazione incapaci di prendere delle decisioni adeguate rispetto a quanto sta accadendo di fronte ai loro occhi.
Quo vadis, Aida? è un film che vuole sì portarci a riflettere sull’orrore dell’evento che mette in scena e di conseguenza sulle dinamiche insensate e disumane della guerra, ma dall’altro lato è anche un racconto incredibilmente personale per la regista bosniaca. Figlia di genitori bosgnacchi e sopravvissuta all’assedio di Sarajevo, Jasmila Žbanić ha lavorato alla realizzazione dell’opera per diversi anni, raccogliendo numerose testimonianze su quanto accaduto a Srebrenica. Quo vadis, Aida? è un’impresa eccezionale se pensiamo allo stato della semi-inesistente industria cinematografica bosniaca, un’opera dai grandi valori produttivi e soprattutto diretta e sceneggiata senza alcuna sbavatura.
Questo grazie anche alla bravura del suo cast e in particolar modo di Jasna Đuričić, che interpreta magistralmente proprio Aida. Lo spettatore viene progressivamente guidato nella scoperta degli orrori di Srebrenica, a partire dall’occupazione della città sino all’arrivo delle truppe di Mladić fuori dalla base dell’ONU, con il personaggio principale del film, Aida, che è sempre lì a orientare il suo sguardo. Con Aida assistiamo all’esodo della popolazione di Srebrenica, la vediamo in difficoltà nel cercare un modo per portare in salvo la sua famiglia e, in seguito, la accompagniamo anche nella successiva elaborazione della tragedia che ha vissuto. Lo spettatore, come Aida, diventa così testimone a sua volta di un episodio orribile della storia recente dell’umanità, ma il focus principale viene spostato da Žbanić sui concetti positivi che dovrebbero invece essere al centro di ogni cosa: l’amore, la vicinanza con l’altro, la famiglia. Una lezione di storia, dunque, ma anche una lezione etico-morale su quelle che dovrebbero essere le finalità principali dell’esperienza umana.
Daniele Sacchi