Presentato in concorso al Festival di Cannes nel 2019, Matthias & Maxime sperimenta, in Italia, una distribuzione non convenzionale, approdando inizialmente sulla piattaforma digitale MioCinema durante le ultime settimane di lockdown e uscendo al cinema con Lucky Red in seguito alla riapertura delle sale, avvenuta a qualche giorno di distanza. In questo 2020 arido di uscite cinematografiche di rilevanza (e di qualità), il nuovo lavoro dell’ormai ex enfant prodige Xavier Dolan riesce a ridare ossigeno agli occhi curiosi e puri degli appassionati di cinema e non solo. Dopo il disastroso risultato di The Death and Life of John F. Donovan (2018), primo film “americano” diretto dal regista canadese, Matthias & Maxime ritrova la linfa vitale che ha permeato le prime opere di Dolan e che ha definito sin da subito lo stile semplice e immediato, ma allo stesso tempo costituito da immagini cariche di significati intrinseci, di una delle menti più brillanti del cinema indipendente contemporaneo.
In Matthias & Maxime, la poetica di Xavier Dolan viene espressa alla massima potenza e, per questo motivo, si può dire che la pellicola rappresenti una vera e propria presa di posizione da parte del regista che, solamente continuando ad avere la sua libertà creativa, riesce a comporre una sua filmografia personale restando fedele ai princìpi che da sempre hanno determinato il suo percorso artistico. Matthias & Maxime racconta l’evoluzione repentina del rapporto d’amicizia tra i due protagonisti (i cui nomi danno il titolo al film) in seguito alla decisione di uno dei due di abbandonare il Canada per cercare di costruirsi un futuro più solido in Australia. Questa scelta di vita determina, nei due, una presa di coscienza vera e propria dell’affetto che li lega e scatenerà in Matthias (Gabriel D’Almeida Freitas) una crisi d’identità molto forte che lo porterà a mettere in discussione se stesso e la sua vita. Se per Maxime, interpretato dallo stesso Dolan, la consapevolezza di provare qualcosa in più di una semplice amicizia nei confronti di Matthias è già presente e ben accetta, seppur celata agli occhi degli altri, Matthias si trova in difficoltà nell’accogliere questo sentimento e, nel tentativo di reprimerlo, cerca di allontanare Maxime e la purezza del rapporto che ha con i suoi amici d’infanzia, rifugiandosi nel suo lavoro e nella falsità che sembra permearlo, ben rappresentata dal collega americano in visita in Canada interpretato da Harris Dickinson.
Questa incapacità di comunicazione tra i due protagonisti viene ben rappresentata da Dolan da alcuni intermezzi raffiguranti le linee discontinue e continue che separano le carreggiate delle strade. Due linee parallele che non si incontreranno mai, non importa quanto spazio percorrano l’una vicina all’altra. Incredibile come una semplice immagine di quotidianità possa impregnarsi di tale significato, ma Dolan ci ha sempre insegnato a guardarci attorno e trovare meraviglia persino nelle cose più banali che troviamo sotto il nostro pigro sguardo.
Anche in questo film Dolan torna a manipolare l’aspect ratio della pellicola in maniera intelligente seppur meno d’impatto rispetto al bellissimo Mommy, opera che gli è valsa il Premio della Giuria a Cannes nel 2014. In questo caso Dolan abbatte letteralmente tutti gli “spazi neri” quando Matthias e Maxime hanno il loro primo, ma soprattutto “vero”, contatto fisico. In quella situazione, ci dice Dolan, lo sguardo arriva ovunque poiché tutto il negativo che permea le vite dei due ragazzi svanisce nel momento della loro reciproca dichiarazione d’amore. Il racconto di Dolan non si limita però alla rappresentazione di una mera relazione amorosa tra i due amici ma esemplifica quella che è la crisi identitaria dei giovani di tutto il mondo nel momento in cui si apprestano a diventare adulti. Se il personaggio della ragazzina appassionata di cinema si riferisce ad una parte di vita ancora piena di aspettative ed inventiva, capace anche di inscenare emozioni che poi diventano realtà, il gruppo di amici di Matthias e Maxime diventa invece esempio di una consapevolezza diversa, dove i sogni da ragazzini hanno lasciato spazio alla vita vera e alle difficoltà che ognuno deve affrontare. Se fare cinema per la giovane ragazza ancora può essere un sogno e realtà, per i ragazzi l’unico momento di svago è quando si ritrovano insieme, ormai alienati dalle responsabilità di una vita dura e ripetitiva. Se Maxime è costretto a fuggire dal Canada per sopravvivere, Matthias è obbligato a fare un lavoro che non gli dà soddisfazione e a stare con una ragazza che non ama e, come loro, così è anche per gli altri amici dei due ragazzi che ritrovano nell’amicizia l’unico punto saldo della loro esistenza, caratterizzata dall’insicurezza e dall’incertezza del domani.
Matthias & Maxime risulta così un film puro e vero, caratterizzato da una semplicità esecutiva che maschera un più profondo bisogno di esprimere un disagio e una crisi che, prima o poi, tocca a tutti affrontare. Dolan torna indietro sui suoi passi riuscendo a mettere da parte l’infelice parentesi costituita da The Death and Life of John F. Donovan tornando a parlare con sincerità della vita, piena di emozioni, positive e negative, che i suoi personaggi vivono, in una contemporaneità sempre più incerta come quella in cui viviamo oggi.
Erica Nobis