Nel 2018 usciva Il colpevole, un film che ha riscosso fin da subito un notevole successo di critica, venendo premiato al Sundance Film Festival, al Seattle Film Festival e al Torino Film Festival, oltre che ad essere selezionato come candidato danese per l’Oscar come miglior film straniero, un successo apprezzato dagli americani che a quanto pare ne realizzeranno un remake girato da Antoine Fuqua con Jake Gyllenhaal. Un risultato sorprendente soprattutto se consideriamo che l’opera è il lungometraggio d’esordio del promettente Gustav Möller.
La storia de Il colpevole è interamente ambientata all’interno di un call center del numero d’emergenza danese, l’equivalente del nostro 112. Qui conosciamo il protagonista Asger Holm (Jakob Cedergren), uno scontroso poliziotto rimosso dal servizio attivo e relegato a rispondere al centralino, in attesa che si svolga un processo a suo carico. Tra le varie chiamate, Holm ne riceverà una da parte di una donna che è stata rapita: avrà così inizio una corsa contro il tempo nel tentativo di ritrovarla prima che la situazione finisca in tragedia.
Come ha recentemente dimostrato Stefano Lodovichi con il suo La stanza, se chiudi pochi attori in un luogo circoscritto rischi di infilarti in una situazione spinosa, in cui hai bisogno di due elementi, su tutti, che reggano l’operazione, o rischierai di creare un’opera noiosa e pretenziosa (qualcuno ha detto Malcolm & Marie?): una notevole interpretazione da parte degli attori e una trama avvincente. Fortunatamente, Il colpevole possiede entrambe queste qualità.
La narrazione si dipana tutta attraverso delle chiamate, siano esse al numero d’emergenza o telefonate personali fatte su iniziativa di Asger. Nonostante non si veda mai in volto nessuno degli interlocutori del poliziotto, lo spettatore è attirato all’interno del racconto dalla tensione che il regista riesce a creare sfruttando l’impotenza del protagonista, che relegato al telefono si trova in una condizione analoga a quella dello stesso spettatore che non può fare altro che attendere lo sviluppo della storia, senza potervi agire direttamente.
Jakob Cedergen si carica sulle spalle la responsabilità di interpretare un uomo tormentato e irascibile, che forse ha dimenticato il motivo per cui aveva cominciato a servire in polizia, ma che nel corso della notte cercherà di riscoprire nuovamente lo scopo del suo lavoro. Möller è un abile regista ed è consapevole dell’importanza del suo attore per la riuscita del film e per questo motivo la macchina da presa è sempre vicina al volto del personaggio. Una ripresa intima fatta di mezzi busti, primi piani e primissimi piani, quasi come se volesse condurci nella mente del protagonista, un uomo spezzato dal suo passato; solo nel finale ci verrà concesso di vedere il protagonista a figura intera, forse ad indicare che affrontando i suoi demoni Asger Holm è riuscito a ritrovare la sua integrità morale.
Gianluca Tana