Chi era Luis Buñuel? Su cosa si fondava il movimento del Surrealismo? Cosa lo portò a realizzare un documentario? Queste sono le domande che Salvador Simó si pone in Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe, lungometraggio animato del 2020 che sfrutta la potenza espressiva del mezzo animato per portarci all’interno della mente di Buñuel. Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe affronta l’iter di realizzazione di Terra senza pane (Las Hurdes), terzo film di Buñuel del 1933, che in quel periodo godeva di una fama crescente suscitata dallo scalpore dei suoi primi successi. In un momento di stasi creativa, principalmente legato alle difficoltà nel trovare finanziatori disposti a produrre un cinema altamente provocatorio e controverso, una serie di eventi e coincidenze portano tra le mani di Buñuel un soggetto insolito, un documentario su una piccolissima regione spagnola di confine che vive in estrema povertà, completamente dimenticata dalle istituzioni.
L’aspetto più interessante del film consiste nell’approfondimento della personalità e della psiche di Buñuel, un’indagine che porta con sé nuovi interrogativi. Se da un lato risulta intrigante il coinvolgimento nella proiezione della parte più buia della mente dell’autore – i suoi ricordi, i suoi incubi, come anche il tormento causato dall’ombra di Salvador Dalí – è altrettanto importante osservare come quei moti possano poi innescare il processo creativo, come certe proiezioni dell’immaginario possano venire poi convertite in immagini tangibili. Proprio da questo punto di vista, l’animazione svolge così il suo ruolo più nobile.
Il film, come anticipato, fa emergere due interrogativi importanti sulla natura del cinema, o almeno di un certo tipo di cinema. In primo luogo, il racconto dietro la realizzazione di alcune scene mette in luce la questione – ancor oggi aperta – sulla natura del documentario, ovvero su quanto sia sacrificabile il naturale fluire degli eventi, il “vero”, in favore del messaggio, soprattutto quando l’obiettivo non è solamente quello di informare, ma anche il darsi come una forma di protesta. L’altro interrogativo riguarda la tipologia del film in questione, ovvero, per quanto interessante possa essere l’approfondimento di grandi personalità, è giusto esaminare i retroscena di una corrente cinematografica che non voleva essere esaminata? O meglio, il cui obiettivo era proprio quello di porre interrogativi senza darvi risposta? Se è vero che l’opera quando è conclusa smette di appartenere all’autore, è giusto ridurne il significato alla psiche e ai suoi tormenti?
In ogni caso, il prodotto finale risulta un degno omaggio a un gigante della storia del cinema e, in particolare, anche alla potenza del mezzo animato. Sicuramente, Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe svolge egregiamente anche un importante ruolo informativo, nonché istruttivo, portando l’attenzione su un grande regista, ma anche su una corrente artistica storicamente importante come il Surrealismo.
Alberto Militello