I cosiddetti millennials legano la figura di Pamela Anderson principalmente a due cose: il decennale ruolo nella serie Baywatch e il sextape con il marito Tommy Lee, batterista dei Mötley Crüe. La miniserie Pam & Tommy, creata da Robert Siegel, mette l’accento su come, attraverso questa enorme approssimazione sulla carriera di entrambi, venga meno lo sguardo sul lato umano, sulla sofferenza e sul dramma che porta con sé il primo caso mediatico di revenge porn della storia, quando la rete era ancora un territorio inesplorato e senza regole. La serie è stata prodotta per Hulu, ma distribuita in Italia sulla piattaforma Disney+.
Dagli eccessi di Tommy (Sebastian Stan) al furto dei filmati privati della coppia e alla loro diffusione pirata, gli otto episodi che compongono la serie hanno una struttura molto ben definita, pur variando nello stile e nei toni, ma toccando di volta in volta le corde giuste per veicolare il giusto messaggio. La coppia iniziale di episodi ha delle tonalità decisamente comiche e leggere, che sfociano in maniera un po’ forzata nel demenziale, ma riescono nel compito di delineare benissimo i personaggi, il loro carattere, i rispettivi punti di vista e i moventi delle loro azioni. Successivamente si va delineando un crescendo tragicomico che accosta all’ovvietà della violenza e dei torti subiti, la ridicola mancanza di regolamentazione del mondo digitale e, peggio ancora, l’effetto che la fama dei due personaggi – famosi per essere una coppia sopra le righe – ha sull’opinione pubblica, condizionando gli esiti di un caso di violazione della privacy apparso agli occhi di molti come esibizionismo e operazione pubblicitaria.
La serie racconta in maniera abbastanza brutale quello che è il valore del consenso e della privacy, due concetti fondamentali del mondo moderno, centrali per comprendere e affrontare il dialogo che riguarda tanto i reati di violenza quanto quelli digitali, forse le tematiche più sensibili degli ultimi tempi. Parallelamente allo sviluppo di queste tematiche si svolge un importante approfondimento dei personaggi, in particolar modo di Pamela Anderson, qui interpretata da Lily James, i cui connotati vengono completamente stravolti per ricreare la copia identica dell’attrice canadese, principale vittima, in quanto donna, delle critiche che la diffusione del filmato suscitò nell’opinione pubblica. Lily James, in un’operazione mimetica incredibile, riesce a raccontare tutte le sfaccettature e le insicurezze di un’attrice che all’epoca veniva continuamente giudicata unicamente per il suo corpo.
Pam & Tommy si presenta inizialmente come una serie leggera, quasi un sarcastico tributo agli anni Novanta, per poi trasformarsi in un’interessante analisi dei retroscena di un caso famosissimo e chiave per capire la cultura odierna. Forse, proprio in quel tentativo di alleggerire i toni inframezzando delle scenette semi demenziali ad una narrazione più seria e calata nel contemporaneo, risiede il principale difetto di una miniserie che nel complesso appare comunque come riuscita.
Alberto Militello