Lasciato da parte l’erotismo impetuoso e travolgente di The Handmaiden (Mademoiselle nella versione italiana), Park Chan-wook sceglie la cornice del melodramma e del thriller investigativo per il suo nuovo film, Decision to Leave, prix de la mise en scène all’ultimo Festival di Cannes. A caratterizzare l’ultimo lavoro dell’acclamato regista sudcoreano è una relazione atipica tra due personaggi altrettanto singolari, il detective insonne Hae-Joon (Park Hae-Il) e la badante di origine cinese Seo-Rae (Tang Wei). Hae-Joon è alle prese con il caso che riguarda la morte misteriosa del marito di Seo-Rae, ma presto rimarrà ammaliato dalla donna, al punto da rischiare di perdere la sua integrità individuale, etica e deontologica.
Nonostante lo scarto evidente che separa Decision to Leave dall’opera precedente di Park Chan-wook, la matrice erotica è in realtà ancora presente, in una certa misura, tra le pieghe del film. Il rapporto che piano piano si viene a delineare tra Hae-Joon e Seo-Rae si declina in marcate ed evidenti tensioni che vivono attraverso gestualità impreviste, detti e non detti, momenti di avvicinamento e di conseguente respingimento. Grazie anche ad un onirismo che spesso pervade l’immagine, alimentato a sua volta dal dettaglio dell’insonnia del protagonista, Park Chan-wook elabora un racconto che vive proprio grazie a queste tensioni determinanti, le quali di fatto si istituiscono come il fulcro centrale della sua operazione filmica.
Decision to Leave eccelle nel riuscire a mettere a nudo un’intimità inaspettata e proibita, un gioco al massacro che trascende ogni logica con lo scopo di muoversi, invece, tra i confini dell’irrazionale e del surreale. Le sottili falde del desiderio si rivelano nella loro natura contradditoria, dove l’atto desiderante si rivela essere per quello che realmente è, in quanto ricerca ossessiva di una mancanza incolmabile. La centralità del desiderio, d’altronde, è uno schema costante nel cinema di Park Chan-wook, a partire dalla perturbante trilogia della vendetta sino ad arrivare al vampirico Thirst o al già citato The Handmaiden, e non stupisce che qui venga declinata – con un grande sguardo contemporaneo – anche attraverso il frequente ricorso ad un tessuto mediale ben preciso che coinvolge a più riprese gli schermi e i dispositivi dei due protagonisti.
In questa ottica, la scelta di arricchire l’intreccio con le digressioni tipiche del genere investigativo stride fortemente con il focus sullo studio dei personaggi e sulla messa in scena della natura perversa del loro rapporto, risultando di fatto come un eccesso di forma che non aggiunge molto al senso complessivo del film. Nonostante questa sbavatura, lo sguardo registico di Park Chan-wook riesce ad ogni modo a catturare con un’inusuale sottigliezza tutte le ambiguità che legano Hae-Joon e Seo-Rae, culminando in particolar modo in un’impressionante sequenza conclusiva che risplende anche grazie all’eccezionale lavoro del direttore della fotografia Kim Ji-yeong (ne avevamo già apprezzato il talento nel bellissimo A Bittersweet Life di Kim Jee-woon). Decision to Leave è dunque un altro tassello fondamentale all’interno della filmografia di Park Chan-wook, in profonda continuità con il resto del suo corpus registico.
Daniele Sacchi