Air di Ben Affleck, la recensione

Air

Esistono dei prodotti, dei marchi, talmente iconici da diventare essi stessi il simbolo di tutta una disciplina, a volte di una generazione. Le Air Jordan sono le scarpe simbolo del gioco del basket perché portano il nome di uno dei più grandi atleti di sempre, Michael Jordan. In Air – La storia del grande salto , Ben Affleck racconta la nascita della leggendaria scarpa, di come abbia risollevato le sorti della Nike negli anni Ottanta, portandola a diventare il colosso che è ora. Nonostante le premesse chiare, il film non sembra in realtà avere una direzione precisa e, per quanto ben recitato, si presenta quasi come un lunghissimo spot.

Il punto di vista scelto è quello di Sonny Vaccaro (Matt Damon), esperto di basket che lavora per la Nike alla ricerca di nuovi talenti su cui investire come testimonial, ma siamo nel 1984 e la Nike fatica ad affermarsi tra i brand più importanti nel suo settore. Air trasuda d’amore per lo sport e di rispetto per la figura di Jordan, di cui non si vede mai il volto se non nei filmati di repertorio, alimentando un alone di leggenda intorno alla figura dell’atleta, prima ancora del suo esordio nell’NBA. Molto spazio è dato alla figura della madre di Jordan, interpretata da Viola Davis, come sempre impeccabile.

Passando però alle criticità del film, non è ben chiaro se Air voglia omaggiare l’atleta, le scarpe o l’azienda, rappresentata nel film dallo stesso regista Ben Affleck nei panni di Phil Knight, storico e “illuminato” fondatore e CEO della Nike. Nel complesso sembra che Air sia il solito omaggio all’eccellenza americana, alla mentalità imprenditoriale e all’american dream, rappresentato tanto da Jordan quanto da Vaccaro, un “sognatore” capace di far avverare la sua visione creativa. La scelta di raccontare in maniera così eroica un aneddoto di una multinazionale di queste dimensioni fa tuttavia storcere il naso, e puzza di vero e proprio branded content, tanto che la “grandezza” dell’azienda non viene mai messa in discussione, se non con un veloce e vago accenno alla manifattura vietnamita e thailandese delle scarpe. 

Per quanto Air abbia in un certo senso un fascino documentaristico, permettendo allo spettatore di entrare in contatto e di fare luce sulla storia di prodotti iconici e di grandi campioni, l’impressione generale del film è quella di un lungo spot privo di un qualsiasi spirito critico. Ci si poteva attendere un prodotto con un approccio più simile a The Founder (John Lee Hancock, 2016), con un racconto un po’ più tridimensionale e capace di muoversi dal particolare all’universale, ma non è decisamente questo il caso.

Alberto Militello