Il mercato del cinema è saturo di supereroi, li abbiamo visti in tutte le salse e con la moda del multiverso li abbiamo anche rivisti, rimescolati, con colori e poteri diversi, ma la minestra è sempre la stessa. I supereroi sul grande schermo non sono più una novità e ormai stanno perdendo lentamente il loro fascino. Persino Spider-Man, che era vissuto a lungo nel suo mondo parallelo e isolato dallo zibaldone Marvel, è stato piano piano inghiottito e appiattito dalla retorica del multiverso. Ma poi – per fortuna – è arrivata l’animazione. Nel 2018, con la sua estetica cangiante e postmoderna, Spider-Man: Into the Spider-Verse non solo ha rivoluzionato l’immaginario cinematografico supereroistico, ma anche quello dell’animazione sul grande schermo. Spider-Man: Across the Spider-Verse è il degno sequel di questa impresa, un’opera che – ancora una volta – riesce a dare una nuova vita all’eterno adolescente creato da Stan Lee e Steve Ditko.
Partiamo dalle origini: chi è Spider-Man? Cosa rappresenta? Spider-Man è Peter Parker? Beh, a quanto pare non è il nome della persona sotto la maschera a definirlo. Spider-Man è un adolescente qualunque, che vive il trauma della perdita dei genitori e di molte altre persone a lui care, ma prima di tutto vive il trauma di stare al mondo, di essere adolescente, la transizione al mondo adulto. Così fu lo Spider-Man di Stan Lee e ancor di più lo è stato il Peter Parker di Michael Bendis, e così accade anche con il personaggio di Miles Morales. Ognuno a modo suo, ognuno nella sua era. Ma non finisce qui. Ci sono degli eventi cardine nella storia della spider-person che rendono il nostro eroe l’amichevole Spider-Man di quartiere. Proprio questo aspetto di accettazione del trauma diventa uno snodo fondamentale nel nuovo capitolo di quella che possiamo definire tranquillamente come la migliore saga cinematografica animata destinata principalmente ad un pubblico non infantile.
Tutto funziona in Spider-Man: Across the Spider-Verse. La musica, i colori, le forme, l’intrigo, le battute, i tempi comici, gli stili di disegno, l’animazione, la narrazione. Pur nella sua semplicità, la trama del film è perfetta per raccontare l’adolescenza, che altro non è se non una mutazione che ci pone davanti delle scelte difficili e definitive come quella di trovare il proprio posto nella moltitudine di universi che la vita ci pone dinanzi. Ma cosa rende questo film unico nel suo genere? Cosa lo rende così coinvolgente? È soprattutto l’animazione, il ritorno alle origini, al tratto di matita, alla china, alle sproporzioni e ai colori. È il luogo in cui Spider-Man è nato ed è quello in cui è cresciuto, prima di confluire ulteriormente nell’immaginario globale attraverso i passaggi televisivi e cinematografici a cui comunque il film rende onore con numerose citazioni.
Un ultimo fondamentale pregio di Spider-Man: Across the Spider-Verse è la scelta, sacrosanta, di concentrarsi su un unico personaggio, letteralmente in tutte le sue infinite sfaccettature, salvandolo da quel mappazzone che è diventato il Marvel Cinematic Universe, ormai fuori controllo, eccessivamente diluito e puerile. È interessante notare come, sebbene l’obiettivo della Marvel sia palesemente quello di puntare ad un pubblico sempre più giovane con i suoi prodotti, lo Spider-Man made in Sony riesca a proporre con nonchalance un film di qualità semplicemente restando fedele al personaggio e alla sua iconicità, riuscendo allo stesso tempo ad adattare l’amichevole Spidey ai tempi e agli orizzonti del contemporaneo. Spider-Man: Across the Spider-Verse vive e respira la contemporaneità sotto tutti i fronti, a partire dai suoi stessi protagonisti. Miles e Gwen sono due adolescenti di oggi, dalle scarpe che indossano alla musica che ascoltano, così come il Peter Parker adulto appare sotto tutti i punti di vista come un vero e proprio millennial.
Nel complesso, la vera forza di Spider-Man: Across the Spider-Verse è quella di un prodotto il cui scopo è genuinamente quello di intrattenere e sbalordire, contrariamente ai più recenti capitoli della Marvel in cui si ha la sensazione di vivere in uno spot autoreferenziale perenne. Il secondo capitolo di questa avventura animata di Spider-Man è un piacere da godersi in sala, da rigustare a casa, un vero e proprio spettacolo in grado di ricreare sul grande schermo quella stessa gioia e quella stessa sospensione regalate dalle pagine di un fumetto.
Alberto Militello