Diva futura di Giulia Steigerwalt, la recensione

Diva futura

Dopo il misurato Settembre, Giulia Steigerwalt presenta la sua opera seconda Diva futura in concorso all’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Un po’ a sorpresa, il film rientra tra gli episodi più interessanti visti quest’anno nel concorso veneziano, uno sguardo sincero, divertito e a tratti commovente incentrato sulla scena pornografica italiana tra gli anni ’80 e gli anni ’90. Basato sul libro Non dite alla mamma che faccio la segretaria di Debora Attanasio, Diva futura si concentra in particolar modo sull’omonima agenzia porno fondata originariamente da Riccardo Schicchi (Pietro Castellitto nel film) e Ilona Staller (interpretata da Lidija Kordić), proponendosi sia come opera sfrontatamente pop sia come un’indagine stimolante sul porno, sulla mercificazione dei corpi femminili e sull’economia del sesso.

Diva futura si apre con il funerale del serpente di Riccardo Schicchi gestito dalla sua segretaria – l’autrice del libro da cui è tratto il film – interpretata da Barbara Ronchi, suggerendo sin da subito il tono scanzonato e ironico che abbraccia buona parte del film, il quale a modo suo cerca di dipingere  – con un tocco leggero e apprezzabile – il ritratto culturale di un’epoca a partire da chi il porno in Italia «lo ha inventato». Amorale e mai immorale, per usare le parole di Schicchi, il cinema erotico dell’agenzia Diva Futura si distanzia dalle altre produzioni del genere per la sua veste immaginifica. E, soprattutto, per le sue icone, dalla già citata llona Staller (in arte Cicciolina) a Éva Henger (interpretata da Tesa Litvan) e Moana Pozzi (Denise Capezza).

Nell’esame della vita di Schicchi, dai successi della sua agenzia sino ad arrivare alla condanna per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, Steigerwalt approfondisce la contraddizione connaturata nel porno, istituendo un ponte di connessione – e una denuncia, di fatto – tra il voler “fare arte” e il mero sfruttamento commerciale. Pur con i suoi (presunti) propositi artistici, secondo Steigerwalt l’agenzia Diva Futura ha comunque svolto la sua parte nella promulgazione di una certa immagine del sesso, contribuendo a plasmare un immaginario falsato: lo vediamo anche oggi, dove con Internet non sembra più esserci alcun senso del limite.

Il film, tuttavia, si guarda bene dal volersi presentare come una lezione morale. Anzi, tutto il contrario: Diva futura si preoccupa soprattutto di studiare e di mettere in mostra i legami e le connessioni tra i suoi protagonisti, costruendo un racconto che ha il sapore di un dramma familiare dalle forti tinte ironiche. Lo spettatore entra così da vicino nel vissuto di Schicchi, sia nel suo rapporto con le icone che ha scoperto e lanciato sia nell’intimità turbolenta della sua relazione con Éva Henger. Nel frattempo, assistiamo all’indecisione della Henger relativa al gettarsi a capofitto o meno nella scena pornografica, oltre che ad affrontare da vicino la morte di Moana Pozzi e il mistero circa il suo ultimo film (ad oggi inedito).

Lo sguardo registico di Steigerwalt ci accompagna sempre da vicino alla scoperta di una parte della Storia culturale italiana recente, lavorando con grande intelligenza anche sui filmati di repertorio e curando nel minimo dettaglio ogni set, ricchi tra le altre cose di locandine e di cartonati dedicati alle pornostar nostrane, trasportandoci tra le mura di Diva Futura e facendoci così scoprire le sue bellezze e le sue tragedie. Senza mai tralasciare il dettaglio più importante, quello che, in un film così specifico, particolare, “localizzato”, riesce ad emozionare in profondità: l’aspetto umano.

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Daniele Sacchi