Dov’è la casa del mio amico? (1987) è il primo film della trilogia di Koker realizzata da Abbas Kiarostami, una serie di opere legate dal fatto di essere ambientate nell’omonimo villaggio iraniano. Con una forte ispirazione neorealista, Kiarostami racconta una storia semplice ma dai connotati simbolici estremamente densi di significato, mettendo in scena un’idea di cinema come forma di pedinamento della realtà che tuttavia ambisce a fornire un commento che cerca di andare oltre alla realtà stessa. Ricorrendo alle interpretazioni di attori non professionisti e nel tentativo di eliminare la natura illusoria dello schermo che ci separa dall’immagine cinematografica, Abbas Kiarostami con Dov’è la casa del mio amico? presenta una narrazione lineare e priva di particolari sussulti, preferendo invece focalizzarsi sul contesto che la riguarda e sulle riflessioni che ne scaturiscono.
Al centro della trama vi è Ahmed, un ragazzino che dopo essere tornato a casa da scuola si è accorto di avere portato con sé erroneamente il quaderno del suo compagno di banco Mohamed. Il film, nello specifico, racconta il suo viaggio tra i villaggi di Koker e di Poshteh per riconsegnare l’oggetto al suo proprietario, consapevole del fatto che se Mohamed si presenterà il giorno successivo a scuola senza aver svolto i compiti sul proprio quaderno verrà espulso. La sua ricerca tuttavia non è priva di impedimenti, dal momento che il bambino non conosce con esattezza dove il compagno vive. Perso tra i vicoli dei villaggi, Ahmed si troverà più volte al centro di malintesi, circondato da adulti che non gli prestano attenzione o che lo gravano di compiti futili.
Il tema centrale di Dov’è la casa del mio amico? è lo scontro dicotomico tra l’assurda severità della tradizione e della cultura iraniana con l’apertura verso l’altro, rappresentata nel film dalla purezza e dall’innocenza di Ahmed. Emblematica in tal senso è la richiesta da parte del nonno del bambino di andargli a comprare delle sigarette che già possiede, in virtù della necessità da parte dell’anziano di insegnare l’importanza della disciplina al nipote. Il dialogo che segue tra l’anziano e un suo amico ci evidenzia ulteriormente come la necessità di seguire le tradizioni sia più importante di ogni altra cosa: l’anziano ricorda come da ragazzino lui stesso veniva malmenato dal padre ogni giorno, e di come questo gli abbia insegnato la virtù dell’obbedienza e del rispetto.
Da questo punto di vista, l’incipit del film mostra come sia la società iraniana stessa a muoversi tuttora in questa stessa direzione. Nella scena iniziale, il maestro della scuola di Ahmed strappa il compito di Mohamed per non averlo svolto sul proprio quaderno, e dopo averlo rimproverato lo informa che se accadrà nuovamente verrà espulso. Al maestro non interessa se Mohamed abbia svolto il proprio compito correttamente o meno: il fatto di non averlo eseguito sul proprio quaderno è di una gravità tale da impedire qualsiasi tipo di valutazione. Nel suo contravvenire alla richiesta iniziale del maestro, Mohamed è andato contro alla Legge stessa, al vincolo dell’ordine.
Ponendosi contro questo modo di pensare la natura delle relazioni umane, Abbas Kiarostami in Dov’è la casa del mio amico? rappresenta l’avventura di Ahmed come una ricerca di contatto con l’altro guidata dall’empatia e dalla compassione. Nonostante tutti gli impedimenti che sembrano volerlo fermare nel riuscire a raggiungere l’amico, il ragazzino resterà fermo lungo il corso della pellicola sulla sua idea iniziale, sebbene ben consapevole di essersi posto contro le necessità e gli ordini della sua famiglia.
Kiarostami mette così in scena la mancanza di comunicazione tra le generazioni, focalizzandosi principalmente su un concetto di dovere e di moralità sostanzialmente individuale e che vuole di fatto trascendere ogni forma di imposizione sociale, cercando così di recuperare i valori fondamentali dell’uomo nel confronto aperto con l’altro.
Daniele Sacchi