Dopo 13 anni di grandi successi al botteghino ma di poca sostanza cinematografica, il Marvel Cinematic Universe sembra ora ambire a puntare anche alla qualità. Se già con i Guardiani della Galassia di James Gunn si poteva percepire una precisa volontà nell’imprimere una componente autoriale perlomeno germinale al media franchise marveliano, di per sé poco permeabile a operazioni di questo tipo a causa della sua natura parcellizzata, massificata e depersonalizzante da un punto di vista registico e sceneggiativo, Eternals di Chloé Zhao sembra ora proporsi come un nuovo tentativo di ragionamento e di apertura nella stessa direzione, là dove i vari Ryan Coogler con Black Panther, Cate Shortland con Black Widow o Taika Waititi con Thor: Ragnarok hanno invece fallito.
Il film dell’acclamata regista di Nomadland, co-sceneggiato insieme al duo di autori emergenti Kaz e Ryan Firpo, è ispirato all’omonima serie di fumetti Marvel ideata da Jack Kirby. L’intreccio di Eternals vede un gruppo di nove supereroi – gli Eterni, per l’appunto – combattere da millenni sul nostro pianeta per proteggere l’umanità dalla minaccia rappresentata da mostruose creature chiamate Devianti. Ciascun Eterno possiede abilità e caratteristiche peculiari, dalla manipolatrice della materia Sersi (Gemma Chan) al sovrumano Ikaris (Richard Madden), dalla guerriera Thena (Angelina Jolie) alla superveloce Makkari (Lauren Ridloff). Nel corso del film, il gruppo si riunisce per affrontare una nuova minaccia, distruttiva e apparentemente implacabile, che metterà a repentaglio le sorti del pianeta.
È ancora presto per valutare il peso che Eternals avrà nell’economia complessiva del Marvel Cinematic Universe, ma nell’ottica del singolo film è chiaro che ci troviamo di fronte ad un notevole passo in avanti rispetto ad altri prodotti simili. L’idea principale è quella di arricchire la cosmogonia dell’universo Marvel andando ad approfondire direttamente le origini cosmiche e i substrati segnici non presenti all’interno di altre opere esteticamente meno stimolanti e maggiormente legate all’MCU in quanto giocattolo di marketing, riuscendo a toccare allo stesso tempo le giuste corde emotive per non rendere il film una fredda esposizione di concetti ma uno splendido affresco sulle sensibilità umane.
Non stupisce, da questo punto di vista, il fatto che Zhao abbia dichiaratamente preso spunto dal cinema di Denis Villeneuve e da Interstellar di Christopher Nolan (cfr.) per ampliare la propria visione in un’operazione visiva che per toni e ambizioni ricorda quasi Justice League di Zack Snyder. L’affinità risiede soprattutto nel voler andare al di là delle particolarità del racconto per abbracciare un ventaglio espressivo più ampio e dal sapore universale. In Eternals, Chloé Zhao usa la cornice supereroistica a suo piacimento muovendosi al di là del binomio manicheo classico che vede la sfida tra bene e male come centrale, con l’obiettivo specifico di esaminare le zone grigie, celate, spesso evidenti ma mai realmente emergenti, del vissuto umano.
Gli Eterni, nonostante le capacità sovraumane e le origini extraterrestri, appaiono tuttavia come un nostro riflesso, come paradigma di quelle diversità che in realtà ci uniscono e ci rendono profondamente contigui l’un con l’altro. Le differenze si assottigliano e spariscono, anche là dove sembrano più marcate ed evidenti. Ed è proprio in questo contesto che Zhao incanala lo spettatore in un’opera che non mira ad evidenziare la spettacolarità dello scontro e del conflitto – le scene di matrice action sono ovviamente presenti, ma non costituiscono il fulcro principale dell’esperienza di Eternals – ma che invece vive per esplorare il significato recondito di un gesto o di uno sguardo. Eternals è il primo film Marvel che mostra una scena di sesso e che mette in scena una famiglia omosessuale. Nonostante l’unicum all’interno dell’MCU, gli eventi sono trattati con la normalità che, di fatto, li caratterizza. In tal senso, il film di Chloé Zhao esamina il valore del legame intersoggettivo senza porsi limiti di sorta, studiando la manifestazione dell’amore nelle sue molteplici ed infinite forme, affrontando inoltre con i personaggi di Thena e di Gilgamesh (Don Lee) anche l’importanza dell’affetto e della cura nei confronti della malattia mentale.
Oltre a ciò, Eternals offre anche una sua prospettiva equilibrata sulla questione identitaria tra organico/sintetico e creatura/creatore, non aggiungendo molto alle riflessioni sul tema già avanzate soprattutto dalla cinematografia di fantascienza, ma mostrando comunque la volontà di affrontare con maturità questioni complesse e sicuramente attuali, circoscrivendole in un edificio narrativo alla portata di tutti. Con Eternals, Chloé Zhao dimostra dunque come, con i giusti accorgimenti e le migliori intuizioni autoriali, ci sia la possibilità concreta per produrre buon cinema anche in spazi espressivi normalmente considerati come standardizzati e poco proficui.
Daniele Sacchi