Un esordio cinematografico che sfrutta appieno i topoi classici del genere della commedia romantica, trovando la sua forza in una caratterizzazione dei personaggi delicata, frutto di una visione femminile che vuole esplorare sensibilità e insicurezze degli uomini. Fragile, di Emma Benestan, da poco passato in concorso nella ventinovesima edizione di Sguardi Altrove Film Festival, è un film divertente, leggero e senza troppe pretese.
Az (Yasin Houicha) lavora in un allevamento di ostriche, dove pesca e serve al ristorante come cameriere. Un giorno decide di nascondere dentro una di queste un anello per chiedere alla sua fidanzata di sposarlo. Lei rifiuta e questo segna la fine della loro relazione. Abbattuto e demoralizzato, il ragazzo si riavvicinerà dopo tempo agli amici del quartiere, ritrovando le sue origini e soprattutto Lila (Oulaya Amamra), un’amica d’infanzia interessata ad aiutarlo nel superare la separazione.
Un canovaccio estremamente classico: una separazione di coppia, il ritorno dall’amica e un triangolo amoroso che si instaura con la conoscenza reciproca, lasciando il dubbio su chi il protagonista sceglierà. Almeno in teoria, perché nella pratica non c’è mai il minimo dubbio su quale sarà il futuro romantico di Az.
Purtroppo, il tentativo di portare una ventata di fresco in un genere già abusato non nasconde quello che il film è realmente: l’ennesima storia d’amore su una rottura tra fidanzati. Il percorso è stabilito fin dal primo momento e non ci sono colpi di testa che rendano memorabile la visione, tutto procede secondo i piani, in maniera quasi scolastica.
Eppure, ci sono degli elementi che rendono la storia di Benestan un prodotto interessante in un panorama altrimenti monotono. Lo sguardo femminile che presta alla descrizione del suo protagonista maschile è probabilmente l’elemento di maggiore caratterizzazione. Fragile, utilizzando gli stereotipi dei film di separazione, rompe la tradizione di un immaginario considerato tipicamente femminile, ribaltando i generi dei suoi protagonisti. È Az a dimostrarsi fragile, a guardare film romantici piangendo e ingozzandosi di cioccolata, mentre Lila è l’elemento forte e deciso che prenderà in mano la rottura dell’amico.
Adatto a chi ama le commedie romantiche, il film intrattiene anche grazie all’interessante discorso sulla virilità che intavola. La fine della storia aiuta Az – e lo spettatore – a superare un’idea di virilità machista, dove all’uomo non è concesso piangere o “muovere il culo” ballando. Certamente non è un saggio sul superamento di un’idea di mascolinità tossica, ma è comunque divertente e una buona prova di regia per un lungometraggio d’esordio.
Gianluca Tana