Il percorso cinematografico attuale di Godzilla prosegue ormai in due direzioni ben distinte. Da un lato vi è la traiettoria americana del MonsterVerse, aperto dal bellissimo Godzilla del 2014 di Gareth Edwards, mentre dall’altro vi sono le produzioni giapponesi della Toho, rilanciate nel 2016 con Shin Godzilla di Hideaki Anno e Shinji Higuchi e proseguite con una trilogia anime. Chiusa la trilogia e messe da parte le considerazioni post-Fukushima tratteggiate dal film di Anno e Higuchi, il capostipite del kaijū movie viene sottoposto ad una nuova operazione di reboot con Godzilla Minus One di Takashi Yamazaki, un capitolo convincente e maturo che torna a riflettere sui traumi irrisolti del Giappone post-seconda guerra mondiale.
Punto di partenza di Godzilla Minus One, infatti, è l’arrivo improvviso del colossale mostro nelle acque giapponesi proprio in piena guerra, nel 1945. L’incontro tra la creatura e le forze armate giapponesi si rivelerà mortale per quest’ultimi, tanto che al suo attacco distruttivo sopravviveranno solamente due persone, il capo meccanico Tachibana (Munetaka Aoki) e il pilota kamikaze Shikishima (Ryūnosuke Kamiki), fuggito dal suo dovere e ora divorato dai sensi di colpa. Godzilla, in seguito, diventerà ancora più temibile e minaccioso per una serie di mutazioni causate dall’operazione Crossroads, i test nucleari (qui riletti come un attacco mirato su Godzilla) condotti dagli Stati Uniti nell’Oceano Pacifico nel periodo post-Hiroshima e Nagasaki.
I riferimenti di Godzilla Minus One sono numerosi, dai richiami al primissimo Godzilla di Ishirō Honda sino ad arrivare a Lo squalo di Steven Spielberg e ad alcuni echi dunkirkiani, non solo sul piano visivo nelle sequenze marittime e belliche, ma anche nel suo modo di rappresentare lo sguardo di un popolo sconfitto. In tal senso, Godzilla Minus One è un’opera in grado di mettere al centro, prima di tutto, le questioni umane. Meno roboante del Godzilla di Edwards, meno burocratico e politico di Shin Godzilla, il film di Takashi Yamazaki è un’indagine sui traumi collettivi di una Nazione che mette al centro un’umanità spezzata, in cerca di rivalsa. Lo vediamo nell’esplorazione del dramma personale di Shikishima, tormentato dal disonore per ciò che ha fatto e in cerca di redenzione, lo vediamo negli occhi della piccola orfana Akiko, lo vediamo nel coraggio della giovane Noriko (Minami Hamabe).
Tutto in Godzilla Minus One prende le mosse da questa consapevolezza, cioè che di fronte alla tragedia più grande ci possa essere un momento di comunione, di vicinanza e di connessione da cui cercare di ripartire. In questo, i momenti legati ad un pathos di matrice più esplicitamente blockbusteriana che vedono Godzilla come protagonista giocano il loro ruolo in maniera funzionale ad un racconto che identifica nella minaccia più terribile una reazione collettiva, uno sforzo comune che, pur nel dolore e nella perdita, cerchi di sovrastare ciò che sembra apparentemente invincibile. Grazie anche alla sua semplicità e linearità, Godzilla Minus One non sconvolge il suo immaginario di riferimento ma lo omaggia e lo risemantizza, proponendosi come un nuovo tassello fondativo e ideale per avviare un nuovo filone di film dedicati al kaijū più famoso del mondo.
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Daniele Sacchi