L’estate è solitamente un periodo d’oro per gli action movie, grandi blockbuster fracassoni fanno da protagonisti sugli schermi dei multisala attirando il pubblico con il loro mix di prestanti personaggi femminili, effetti speciali e mirabolanti coreografie. Anche questa stagione cinematografica estiva sembra particolarmente florida: da inaspettati outsider come Io sono nessuno con Bob Odenkyrk o Boss Level con Frank Grillo, fino ai grandi titoli come The Suicide Squad e il sempreverde Fast and Furious. In questo panorama saturo diventa difficile emergere con qualcosa di nuovo o interessante, ci prova Navot Papushado con Gunpowder Milkshake, nuova esclusiva Amazon Prime Video, la cui operazione è però un patinato e colorato insuccesso.
Se stessimo parlando di videogiochi potremmo riferirci a Gunpowder Milkshake come all’ennesimo JohnWickLike: il mondo come noi lo conosciamo è in realtà governato da società segrete che si servono di assassini estremamente addestrati. Queste organizzazioni hanno le proprie tradizioni, infrastrutture funzionanti e complicatissime regole da rispettare. Sam (Karen Gillan) è un’efficientissima assassina che si trova improvvisamente coinvolta in una guerra tra la sua società e la (solita) mafia russa.
Papushado attinge a diversi immaginari oltre al già citato John Wick: c’è la critica femminista rappresentata dallo scontro del mondo di Sam e le sue alleate contro il mondo maschile dei sicari russi; c’è una certa autoironia nella rappresentazione di determinate scene action; c’è un richiamo all’estetica degli anni ’80, con neon e giacche sportive che strizzano l’occhio a Drive di Nicolas Winding Refn. Il problema più grande del film è che, nonostante i tanti riferimenti cinematografici, o forse proprio per quello, manca di una propria identità. Come conseguenza non si riesce mai a comprendere del tutto se Gunpowder Milkshake sia una parodia di questo particolare tipo di action movie o se invece voglia essere preso sul serio. Le scene d’azione oscillano tra momenti over the top, esagerati al limite del ridicolo, e scene che vorrebbero essere estremamente drammatiche, ma che falliscono proprio a causa di questo accostamento. Difficile stabilire se il regista abbia esagerato volutamente l’azione per suscitare la risata dello spettatore, come accade ad esempio in Io sono nessuno.
A fare le spese di scelte registiche alquanto approssimative è anche la prova di Karen Gillan. Il suo personaggio ci mette nuovamente di fronte a quella nebulosità che contraddistingue il film: benché la scelta attoriale sia stata determinata dalla volontà di creare un forte contrasto – tra il mondo sporco e corrotto degli assassini e il candore e l’innocenza di una figura che sembra totalmente estranea a questo ambiente – il risultato è piuttosto debole. Il contrasto finisce con lo scadere nel paradossale, un peccato visto che Gillan si è già dimostrata un’ottima attrice di film d’azione, ma che risulta decisamente poco adatta ad interpretare il ruolo della killer inespressiva, almeno in questo film.
Gianluca Tana