È stato un anno difficile per la settima arte, il 2020. La pandemia ha colpito tutto il mondo e anche l’industria cinematografica ne ha, ovviamente, risentito fortemente. Il settore ha comunque cercato di rispondere, avviando nuovi progetti e portandone a termini altri. In questo articolo cercheremo di raccogliere i “migliori” film di quest’annata un po’ particolare, con i soliti criteri utilizzati anche negli ultimi due anni (qui la lista relativa al 2018 e qui quella del 2019). Il virgolettato sottintende l’intento giocoso dell’operazione, che non mira infatti a proporre una banale classifica di titoli ma che vuole invece individuare un insieme di produzioni di valore che, in un modo o nell’altro, cercano di portare avanti percorsi originali sul medium e sull’immagine cinematografica. Nella scelta dei film comparirà anche qualche titolo originariamente del 2019 ma che è stato distribuito in Italia solamente quest’anno.
City Hall, Frederick Wiseman
Come facilmente pronosticabile, l’ultimo lavoro di Frederick Wiseman è un’opera monumentale e maestosa, una vera e propria indagine sociopolitica sull’apparato amministrativo di Boston. Una ricerca estensiva che ha un suo protagonista centrale e determinante, il sindaco Marty Walsh, che funge da cardine e da principale punto di riferimento nella gestione della città e nella costante relazione con i suoi cittadini. Wiseman ci mostra l’impegno democratico di Walsh e sottolinea il valore fondamentale della comunità, fornendo un modello significativo che gli Stati Uniti dovrebbero prendere come esempio per strutturare il proprio futuro.
Diamanti grezzi, Josh e Benny Safdie
Josh e Benny Safdie ritornano dopo Good Time (2017) con Uncut Gems, Diamanti grezzi, un trip ansiogeno incentrato sulla figura dissoluta e smodata del gioielliere Howard Ratner. Adam Sandler ci regala una delle migliori interpretazioni della sua carriera – se non proprio la migliore – all’interno di quello che si presenta come un delirio caotico capace di disturbare, di confondere e di urtare ripetutamente lo spettatore. La visione estetica dei due fratelli newyorkesi sembra ormai aver assunto una forma ben precisa e non ci resta che rimanere in trepidante attesa del loro prossimo lavoro.
La recensione del film: https://www.criticaleye.it/uncut-gems/
Ema, Pablo Larraín
L’opera più atipica della filmografia di Pablo Larraín è, probabilmente, la più riuscita. Ema, presentato in concorso durante la Mostra di Venezia del 2019, mette in scena le tensioni psicologiche conturbanti e viscerali della sua protagonista (interpretata da Mariana di Girolamo) con, in parallelo, la necessità di portare avanti un preciso discorso emancipatorio. Il risultato è un film straordinario sulla libertà di esprimere se stessi, il proprio mondo interiore e la propria corporeità.
La recensione del film: https://www.criticaleye.it/ema/
Favolacce, Damiano e Fabio D’Innocenzo
Favolacce è uno spiraglio di luce per il cinema italiano, un tentativo importante di avvicinamento a territori espressivi simili a quelli proposti da un certo cinema indipendente americano (pensiamo ad esempio a Todd Solondz) o da grandi autori europei come Yorgos Lanthimos. L’opera seconda dei fratelli D’Innocenzo, dopo il sorprendente – sebbene più tradizionale – La terra dell’abbastanza (2018), prende di nuovo le mosse dalla periferia romana ma ne scardina la struttura, allontanandosi da ogni possibile referente reale per muoversi, invece, verso una direzione più universale.
Mank, David Fincher
Il semi-biopic di David Fincher sullo sceneggiatore Herman J. Mankiewicz e sulla realizzazione di Quarto potere (1941) è una splendida operazione di rilettura dello stato dell’industria cinematografica americana contemporanea a partire dalla rivisitazione dell’Hollywood di un tempo. Sceneggiato da Jack Fincher, il padre del regista, Mank prende infatti spunto da un articolo della critica e saggista Pauline Kael per mescolare realtà e mito, in un’opera veramente imperdibile per ogni appassionato della settima arte.
La recensione del film: https://www.criticaleye.it/mank/
Purple Sea, Amel Alzakout e Khaled Abdulwahed
Presentato alla Berlinale di quest’anno e al nostrano Filmmaker Festival, Purple Sea è lo sconvolgente racconto di viaggio della regista siriana Amel Alzakout, naufragata nel Mediterraneo insieme a centinaia di altre persone dopo essersi imbarcata per raggiungere il compagno in Germania. Le immagini del film, realizzate con una GoPro legata al polso della ragazza, sono un burrascoso turbinio caotico senza reali punti di riferimento, rendendo impossibile allo sguardo spettatoriale di assestarsi e di trovare pace e conforto perché terribilmente impegnato, mentre il tempo si dilata senza soluzione di continuità, a vivere una terribile tragedia durante il suo stesso accadersi.
Quo vadis, Aida?, Jasmila Žbanić
In un’edizione della Mostra di Venezia che ha visto la partecipazione di meno titoli di grande “spessore” internazionale rispetto al solito a causa della pandemia, il film di Jasmila Žbanić risplende come una delle opere sicuramente più interessanti tra quelle presentate in concorso. Da un lato, per il coraggio nell’affrontare un tema complesso e relativamente “giovane” come quello della guerra in Bosnia ed Erzegovina, dall’altro lato per il fatto di essere davvero un grande film con una grandissima protagonista (interpretata da Jasna Đuričić), un durissimo resoconto del massacro di Srebrenica affrontato dal punto di vista di una madre impegnata nel fronte umanitario ma, allo stesso tempo, desiderosa di proteggere la propria famiglia.
La recensione del film: https://www.criticaleye.it/quo-vadis-aida/
Tenet, Christopher Nolan
Tenet è forse l’opera meno riuscita tra le ultime produzioni di Christopher Nolan, ma il regista britannico riesce ancora una volta a portare all’estremo la propria poetica di decostruzione della temporalità con un film capace di scardinare gli orizzonti autoriali propri del blockbuster contemporaneo, mettendo allo stesso tempo in primo piano la spettacolarità visiva. L’interesse cala nei momenti più esplicitamente narrativi della pellicola, ma nel momento in cui ci si rende conto che l’intreccio in Tenet è solo un orpello, il film si manifesta per quello che realmente è: pura estetica dell’azione.
La recensione del film: https://www.criticaleye.it/tenet/
The Lighthouse, Robert Eggers
Se in The Witch (2015) Robert Eggers lavorava sui miti e sul folklore della sua terra natia, il New England, in The Lighthouse lo troviamo invece sui racconti di marinai, sulla mitologia greca e sulla letteratura, da Samuel Taylor Coleridge a Edgar Allan Poe, con delle forti tinte lovecraftiane a permeare il tutto. Il regista statunitense riscrive nuovamente i canoni dell’horror contemporaneo, in una spirale discendente nell’oblio che vede come protagonisti due immensi Robert Pattinson e Willem Dafoe.
La recensione del film: https://www.criticaleye.it/the-lighthouse/
The World to Come, Mona Fastvold
The World to Come è un altro ottimo film presentato nella singolare cornice dell’ultima edizione della Mostra di Venezia, la storia di un amore impossibile tra due donne, Abigail (Katherine Waterston) e Tallie (Vanessa Kirby), nell’America dell’Ottocento. L’opera di Mona Fastvold è un racconto di rara delicatezza e sensibilità, impreziosito dalla scelta peculiare del 16mm e da un uso quasi lirico del voiceover, elementi che donano al film una singolare dimensione eterea e una propria specificità unica.
La recensione del film: https://www.criticaleye.it/the-world-to-come/
Infine, le scelte dei miei collaboratori. Per Alberto Militello:
- Diamanti grezzi, Josh e Benny Safdie
- Lontano lontano, Gianni Di Gregorio
- Mosul, Matthew Michael Carnahan
- Onward, Dan Scanlon (in foto)
- The Lighthouse, Robert Eggers
Le scelte di Erica Nobis:
- Ema, Pablo Larraín
- Honey Boy, Alma Har’el
- Mank, David Fincher
- Matthias & Maxime, Xavier Dolan (in foto, qui la recensione del film)
- Tenet, Christopher Nolan
Menzioni speciali: I predatori di Pietro Castellitto e Wolfwalkers di Tomm Moore e Ross Stewart.
E infine, per Gianluca Tana:
- Alla mia piccola Sama, Waad Al-Khateab e Edward Watts (qui trovate la recensione)
- Da 5 Bloods, Spike Lee (in foto)
- Mank, David Fincher
- Tenet, Christopher Nolan
- The Lighthouse, Robert Eggers
Con la speranza che l’industria cinematografica possa riprendersi presto e continuare a farci sognare e a riflettere sul reale, per quest’anno è tutto.
Daniele Sacchi