Quando nel 1999 uscì L’uomo bicentenario, il dialogo sulla “coscienza” delle macchine e sull’intelligenza artificiale era ancora a uno stadio embrionale, per quanto fervido e vivacissimo, tanto che sono stati diversi i grandi titoli che, all’alba del nuovo millennio e già proiettati verso la nuova era dell’informatica, hanno sviscerato altrettanti scenari con al centro l’uomo e la macchina. Oggi, l’intelligenza artificiale è parte integrante delle nostre vite e un titolo come Il nemico (Foe) di Garth Davis ci proietta in un futuro vicinissimo, un futuro che non ha più l’aria di un immaginario fittizio ma di visione concreta e verosimile.
La trama del film si svolge nel 2065. Una giovane coppia, tra le poche superstiti al cambiamento climatico che ha devastato il nostro pianeta, vive in una desolata campagna americana. Il loro rapporto, in crisi anche a causa dell’esistenza isolata che conducono, viene ulteriormente stravolto dall’arrivo di una figura misteriosa che porta con sé un’offerta in grado di stravolgere la loro vita: una richiesta del governo di esplorare per un anno lo spazio in cambio di un lauto compenso, una chiamata alle armi che invita Junior (Paul Mescal) a lasciare la moglie Hen (Saoirse Ronan) con la proposta di un surrogato sostitutivo e replicante, utile a tenere in vita il rapporto durante l’assenza del partner. L’indecisione, la pressione dell’obbligo e la presenza invadente e sospetta di un funzionario governativo (Aaron Pierre) non potranno che sconvolgere la relazione tra i due.
È sempre molto interessante e coinvolgente quando la fantascienza trascende i suoi limite e si fonde con altri generi. In questo caso si unisce al thriller e, si potrebbe azzardare, anche a un western moderno, dalla matrice più esistenziale. La solitudine e l’isolamento imposti dalla natura sono elementi centrali nello sviluppo della storia de Il nemico, film che si svolge interamente all’interno della fattoria dei due giovani. Pochissimi sono gli elementi scenici che effettivamente proiettano il racconto nel futuro. La situazione, però, è carica di tutte quelle ansie che affliggono il mondo odierno, dal cambiamento climatico al rapporto con la tecnologia, all’irreversibilità di diversi processi del contemporaneo. Nonostante le premesse e nonostante l’abilità del regista nel gestire un cast minimale in un’unica ambientazione, Il nemico soffre di una lentezza consistente, e i tentativi di suscitare ansia nello spettatore nella prima metà del film risultano forzati e poco credibili. Di certo, la seconda metà risolleva decisamente il ritmo e rende più interessante la visione, ma le sensazioni restano abbozzate e il mistero blando.
Insomma, pur partendo da spunti interessanti e pur raccontando una storia con un bel colpo di scena e un intrigo che, perlomeno inizialmente, potrebbe attira l’attenzione, Il nemico arranca a più riprese, risultando in un’esperienza senza particolari slanci di stile o innovazioni. Sicuramente resta interessante l’idea di fondo e la capacità del regista di muoversi in maniera fluida tra i punti di vista dei vari personaggi: qualità che premiano l’autore, sicuramente da tener d’occhio dopo il successo di Lion, ma non tanto la pellicola nel suo complesso.
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Alberto Militello