Kinds of Kindness, la recensione del film di Yorgos Lanthimos

Kinds of Kindness

Facendo un parallelismo poetico, Yorgos Lanthimos è, tra i registi del momento, il più ermetico. La tendenza all’oscurità, la stratificata rielaborazione del senso, restituita in scene scarne, quasi surreali, ma mai fini a se stesse e mai casuali. Così, in Kinds of Kindness il regista greco, dopo un film come Povere creature! – quasi commerciale rispetto ai suoi standard – fa un passo indietro, una sorta di ritorno alle origini. Un film a sé stante, ma che si ricollega perfettamente a un discorso più ampio sulla direzione dei film dell’autore.

Tre episodi, tutti interpretati dagli stessi attori, che incarnano e portano all’estremo le psicosi della contemporaneità, dal capitalismo al controllo e l’influenza delle scelte individuali, dalla religione sino ad arrivare, ovviamente, al patriarcato. Nell’analisi di quest’ultimo elemento si instaura una certa continuità con Povere creature! – che certo è stato molto più diretto ed esplicito nella sua critica sul ruolo della donna nella società – e con il prossimo titolo del regista, Bugonia, remake del sud coreano Save the Green Planet che avrà gli stessi protagonisti.

In Kinds of Kindness, in particolare, si continua il discorso sul femminile iniziato nel film precedente, ma in maniera più velata, perché qui si parla di controllo, di dominazione e di dominati. Gli uomini sono manipolatori e rinunciano volentieri al libero arbitrio pur di vivere agiatamente il loro privilegio (nel primo episodio), sono manipolatori della realtà (secondo episodio) e creano universi che santificano e difendono la loro posizione a discapito delle persone in difficoltà (terzo episodio).

In questo senso Lanthimos sembra quasi tornare, sia stilisticamente che tematicamente, a quel suo Dogtooth delle origini, non a caso infatti il regista torna a collaborare con lo stesso sceneggiatore, Efthymis Filippou. Negi altri suoi titoli ovviamente non è mai mancata la critica dell’umanità, ma negli ultimi lavori – e in questo è in linea con tutto il cinema occidentale – il discorso una volta filosofico si fa vicinissimo al presente, o meglio, all’attualità.

Inutile ribadire il talento dei protagonisti, ormai rosa consolidata con Emma Stone, Willem Dafoe e Margaret Qualley a cui si aggiunge Jesse Plemons, la cui carriera sembra aver intrapreso negli ultimi anni una parabola ascendente incredibile. Il suo personaggio nei tre episodi è forse quello con più continuità, ma non mancano parallelismi trasversali per tutto il film, tra elementi narrativi e tra i personaggi. Il film è tutt’altro che “facile” ed è uno sforzo inutile cercare di circoscrivere la volontà dell’autore che si esprime, infatti, in maniera vicina al surreale.

Kinds of Kindness, quindi, è un trittico surrealistico in cui l’autore riesplora tematiche e metodi delle sue origini, in un film che è incastonato nel presente. Sicuramente si tratta di un film meno immediato del pluripremiato Povere creature! e che, volutamente, lascia lo spettatore turbato, ma costretto ad interrogarsi.

Alberto Militello