Nel 1982 uscì nelle sale cinematografiche di tutto il mondo un film che, ancora oggi, rimane uno dei titoli imprescindibili del genere horror, La cosa, diretto da quello che è proprio uno dei maestri del cinema dell’orrore, John Carpenter. Carpenter aveva fatto parlare di sé già qualche anno prima, nel 1978, con il suo primo lungometraggio Halloween – La notte delle streghe, un’opera che, oltre a dare i natali al famigerato e iconico Michael Myers, diverrà in poco tempo uno dei franchise più longevi del genere con ben undici titoli prodotti e uno in dirittura d’arrivo.
Se con Halloween Carpenter sceglie di raccontare l’orrore di una psiche umana determinata dall’annullamento della propria identità, con La cosa il regista compie un passo in più, dirigendo un film molto politico e maturo, ricco di metafore ma comunque pregno di quell’entità che tanto faceva, e tuttora fa, rabbrividire il pubblico: la Paura. La narrazione de La cosa ha interamente luogo presso la Base Nazionale di Scienze degli Stati Uniti d’America situata in Antartide, un luogo per natura inospitale dove solitudine e desolazione costituiscono un tutt’uno assieme alle poche creature che vi si trovano. È proprio in questo particolare luogo, idealmente e completamente distante dal genere trattato, nel quale “la cosa” che dà il titolo al film verrà in contatto con un gruppo di scienziati americani lì stanziati.
Man mano che lo spettatore si immerge nella narrazione per immagini, Carpenter mostra quello che sembra essere a tutti gli effetti un tipico insediamento americano in terre lontane dalla Madre Patria. Se all’esterno della base il mondo raffigurato è dominato da una coltre bianca incontaminata, l’interno potrebbe essere riconducibile a qualsiasi altro luogo tipico degli Stati Uniti del tempo, così come ci vengono spesso mostrati nella cinematografia americana. Ed è così che incontriamo il nostro protagonista, il pilota MacReady (Kurt Russell), intento a sfidarsi a scacchi con uno dei primi modelli di computer per poi, una volta sconfitto, versarci sopra un bicchiere di whisky ghiacciato. È in questi gesti che, come scritto in principio, Carpenter sfida e denuncia una società chiusa in se stessa dove ognuno ha il proprio compito e nessuno cerca di andare oltre la propria comfort zone. Solamente MacReady cercherà di sacrificarsi per la sopravvivenza di un’intera specie e la battuta di uno dei suoi compagni racchiude proprio questo spunto riflessivo sul personaggio: «Lui sa quello che fa».
Ma oltre a questo, La cosa racchiude molto altro. Se si prende in considerazione la strana creatura, proveniente da un tempo e da un luogo indefiniti, al centro dell’economia narrativa del film, si possono cogliere ulteriori motivi di riflessione. In primo luogo, una delle cose più interessanti da notare è che, se l’arrivo dell’alieno sulla Terra è avvenuto molti anni prima e senza particolari rilevanze critiche (o almeno niente che ci sia pervenuto), la causa del suo risveglio risiede proprio nella talvolta malsana curiosità dell’uomo di addentarsi in luoghi sconosciuti e fuori dal proprio controllo. Infatti, sono proprio alcuni scienziati norvegesi i primi personaggi che Carpenter ci mostra sullo schermo, intenti a dare la caccia a quella creatura che, solo alla fine, scopriremo avere delle sembianze ingannevoli. È stato quindi l’uomo a risvegliare la furia omicida di questo particolare alieno e, letto oggi, sembrerebbe quasi diventare un lontano precursore del cinema ecologista che da qualche tempo sta imperversando nel panorama cinematografico internazionale sempre con maggiore frequenza. L’azione dell’uomo può portare a conseguenze disastrose per l’umanità e per la Terra stessa. In secondo luogo, passando invece a un’interpretazione più fisionomica della creatura, possiamo dire che una delle prerogative della “cosa” è che si tratta di un essere senza forma, che prende le sembianze di qualsiasi organismo che uccide per poi riuscire ad imitarlo completamente. Si tratta quindi di un nemico “invisibile”, privo di un’identità certa, un parassita che abita e si impossessa di qualsiasi essere vivente.
Questa è forse una delle caratteristiche che più ricordano il cinema dell’orrore, soprattutto se si pensa al contemporaneo e ai numerosi titoli di genere che includono un antagonista difficile da identificare. Sotto un certo punto di vista, già in Halloween Carpenter aveva deciso di identificare Michael Myers tramite una maschera, tanto che al famigerato killer ci si riferirà sempre tramite ad essa più che al suo reale volto. Ne La cosa tutto questo è amplificato all’ennesima potenza poiché questo strano alieno non è identificabile e, paradossalmente, può essere ovunque e in qualsiasi momento, rendendo difficile ingannarlo.
Ecco quindi che La cosa non è solamente un film dell’orrore come lo sono tanti altri ma, invece, si tratta di una grande indagine sociale e politica, un’opera cinematografica che non stanca nemmeno alla centesima visione, poiché più passa il tempo più si possono trovare interessanti spunti di riflessione che partono dal contemporaneo e che si muovono a ritroso nel tempo, e viceversa, in un movimento continuo e in costante divenire, il tutto grazie alla peculiarità del linguaggio cinematografico adottato dal genio di John Carpenter.
Erica Nobis