La favorita è, ad oggi, il film più atipico di Yorgos Lanthimos. Non tanto per lo stile, la narrazione e le tematiche trattate, quanto per il fatto che per la prima volta il regista greco non ha contribuito alla stesura della sceneggiatura della sua opera (firmata invece da Deborah Davis e Tony McNamara). Se da un lato questa particolarità ha reso il film meno interessante per quanto riguarda l’analisi della poetica del greco in sé, dall’altro ha permesso a Lanthimos di centralizzare con il suo estro registico alcuni elementi specifici che hanno, a conti fatti, reso La favorita uno degli episodi più interessanti della sua produzione filmografica, nonché il più fruibile per le masse.
La trama dell’opera presenta un racconto ispirato alla figura di Anna Stuart (interpretata da Olivia Colman), regina di Gran Bretagna e d’Irlanda durante i primi anni del diciottesimo secolo. Una figura sino ad oggi mai esplorata dalla settima arte, e per un buon motivo: dal punto di vista strettamente biografico, la vita della regina Anna mal si sposa con alcune delle esigenze proprie di un certo modo di intendere il cinema, essendo ben lontana dal presentarsi come ricca di avvenimenti traducibili in un intreccio cinematograficamente pregno.
A partire da questa consapevolezza, La favorita sposta sapientemente il focus dalla regina Anna a quelle dinamiche concernenti l’esercizio del potere che la riguardano direttamente, che la circondano e che la coinvolgono, allontanandosi così dal rischio di proporre un biopic asettico e poco funzionale. A tal proposito, La favorita si sofferma maggiormente sulle figure di Sarah Churchill (Rachel Weisz) e della cugina Abigail (Emma Stone), impegnate in una vera e propria sfida per conquistarsi la fiducia (oltre che all’amore, se di amore si può parlare) della regina.
Anna viene ridotta da entrambe a mero oggetto del desiderio, e più precisamente è la carica che ricopre a darsi come la fonte effettiva delle loro tensioni. Tuttavia, le motivazioni delle due donne corrono su binari paralleli che non sembrano intenzionati a potersi incontrare. Per Sarah, i tentativi di controllare la regina sono il culmine di un gioco di ruolo per il quale la componente di dominio e di sottomissione si dà come fondante nel muoverne le azioni, rendendo dunque la dimensione del controllo centrale nel suo stesso concepire l’idea del potere. Per Abigail invece, il fulcro del suo percorso risiede nella scalata sociale, nell’elevarsi ad un grado più alto rispetto a quello in cui si trova collocata indipendentemente dalla sua volontà. Nella rappresentazione di questa lotta, la componente sessuale si trova a giocare un ruolo fondamentale, dandosi foucaultianamente come un vero e proprio medium espressivo della volontà di potenza. Conscia di ciò, la regina Anna sfrutta appieno questa peculiarità intrinseca dell’atto sessuale per cercare di legittimare ulteriormente il proprio ruolo, in risposta ai tentativi da parte di Sarah e di Abigail di sovvertirla, partecipando dunque attivamente al caos che la circonda, non rifuggendo dal gioco che la vorrebbe vedere invece come una protagonista passiva e inerme.
Il tono adottato dal regista greco è quello al quale ormai ci ha abituato con buona parte della sua produzione filmografica. Ponendosi in uno spazio intermedio tra commedia e dramma, La favorita riesce ad amalgamare con sapienza l’ilarità di alcuni dialoghi e situazioni con la brutalità di altri, non esitando nel proporre anche un sottotesto esistenzialista nella sua riflessione. Inoltre, pur essendo un film in costume, La favorita non cela l’artificiosità del cinema e, anzi, la rende ben presente. Sebbene da un lato vi sia una ricercatezza ben precisa nella fedeltà storica del setting e dei caratteri accessori che lo compongono, dal makeup ai costumi, dall’altro il frequente ricorso da parte di Lanthimos al fisheye rende la macchina da presa una protagonista a sua volta, ricordando allo spettatore il proprio ruolo di osservatore passivo in una storia che, tra le altre cose, fa del voyeurismo uno dei suoi elementi centrali.
Forte delle splendide interpretazioni del suo cast quasi tutto al femminile, La favorita, oltre ad essere nel complesso e indipendentemente dai suoi significati un ottimo period film in sé, si dà in ultima analisi come un interessante affresco di quelle dinamiche proprie del genere umano che trascendono la storia, cercando di mostraci un lato di noi stessi che, nel quotidiano, non siamo soliti indagare.
Daniele Sacchi