Look Back, la recensione del film

Look Back

Un mediometraggio animato di 58 minuti che vive di una rara – e preziosa – intensità emotiva. Si tratta di Look Back, adattamento del manga one-shot di Tatsuki Fujimoto (la mente dietro al successo di Chainsaw Man) diretto da Kiyotaka Oshiyama e prodotto dallo Studio Durian, nonché uno slice of life intimista che si muove tra ispirate riflessioni sull’arte e sul valore dei legami umani. Disponibile in streaming su Prime Video, il film coniuga in particolar modo uno sguardo sulla vita arricchito dalle tipiche impressioni naturalistiche del coming of age più classico, trovando la sua dimensione nella messa in scena di un malinconico determinismo che si allontana dai cliché e da certe rappresentazioni similari viste e riviste.

Al centro delle vicende raccontate in Look Back vi sono Fujino e Kyomoto, due aspiranti mangaka con la passione per il disegno. Fujino, spinta da un’inesauribile ambizione, pubblica il suo manga sul giornale scolastico, ma il talento della “rivale” Kyomoto – una giovane hikikomori che vive in isolamento – minaccia di oscurare il suo lavoro. A ciò si aggiungono un insieme di pressioni sociali che rischieranno di allontanare Fujino dall’arte, ma l’incontro con Kyomoto finirà per cambiare il destino delle due ragazze, dando vita a una collaborazione artistica e a un’amicizia capace di trasformarle per sempre.

Lontano da alcune tendenze del cinema d’animazione orientale fautrici di romanticismi semplicistici e veniali (Shinkai), Look Back si lega invece a un preciso realismo di fondo. Persino nelle sue digressioni più fantastiche, dalla mise en abyme fumettistica sino ad arrivare ad una peculiare incursione nel what if, Look Back individua nei margini e nelle sospensioni tra la realtà e l’immaginario uno spazio perfetto per mettere in atto la sua indagine sul Reale. Ed è un’indagine tremendamente umana, mossa da un substrato poetico che arriva direttamente dall’opera di riferimento di Fujimoto e che irrompe a cascata anche nella trasposizione di Oshiyama, con la passione artistica, l’estro creativo e il confronto con le dolcezze, le gioie e i drammi della vita delle sue protagoniste che non possono far altro che riempire lo schermo con la loro forza, vigore e empatia.

Ciò che emerge in Look Back è il riflesso di un’arte che si rende specchio del Reale, nella sublimazione del processo creativo come espressione non solo del singolo individuo ma anche – e soprattutto – nella comunione di intenti, oltre ad evidenziare le contraddizioni insite nell’industrializzazione di tale processo (pensiamo alle difficili condizioni lavorative del settore fumettistico giapponese). In questo luogo di mezzo che è il medium cinematografico come dispositivo e macchina produttrice di immagini, a “restare”, a “permanere” è quel sentimento di apertura e di consapevolezza dell’arte come panacea dell’anima – come sottolineato dalla magistrale conclusione – contrapposto alle chiusure, alle barriere e alle barbarie dell’uomo. C’è spazio per tutto in Look Back, dal commento sociale (il film, tra le altre cose, cita implicitamente la strage di Kyoto Animation del 2019, un episodio che ha segnato profondamente il settore) allo sguardo introspettivo, dall’enfasi sui punti di contatto e di allontanamento tra le due protagoniste sino ad arrivare all’inestimabile potere salvifico dell’arte: un’opera piccola, ma preziosa.

Daniele Sacchi