Monkey Man, revenge movie quasi supereroistico a metà tra John Wick e Spider-Man, è l’esordio alla regia di Dev Patel, attore cresciuto a cavallo tra le due industrie cinematografiche più grandi al mondo (quella indiana e quella statunitense) che qui dimostra un talento acerbo dietro alla macchina da presa, specchio di quell’entusiasmo di chi in un solo film vuole racchiudere tutto ciò che ha da dire. Tra scene d’azione esagerate, un citazionismo fanatico e quel gusto tutto indiano per l’eccesso, Monkey Man è comunque un debutto degno di nota, un film adrenalinico e divertente che sa prendersi poco sul serio.
Un reietto senza nome dei quartieri poveri di una città indiana, nonché lottatore con la maschera da scimmia dal passato misterioso e traumatico, è il protagonista di questa storia di vendetta che prende a piene mani dal patrimonio action americano più classico – che spesso cita apertamente – contaminato da un gusto più tipicamente indiano. Ed è l’India infatti a essere al centro del racconto, con i suoi contrasti e i suoi eccessi, a partire dal divario tra ricchi e poveri e tutte le vittime che si trascina dietro. Da questo trauma emerge il vendicatore scimmia, ispirato ai racconti della religione indù.
Monkey Man si colloca in un limbo poco definito che però funziona. I pregi e le criticità del film quasi coincidono: il filo conduttore è senz’altro l’eccesso, con scene d’azione adrenaliniche e fuori dalle righe accompagnate da una trama minimale che, tuttavia, viene caricata di tematiche legate alla situazione sociopolitica indiana e una certa voglia di autocelebrarsi del protagonista-regista. Monkey Man è un film che vuole essere tante cose insieme e, con la giusta dose di ironia, riesce anche ad esserlo. Diverse scene potrebbero tranquillamente apparire come ridicole, se non fosse chiaro il gioco autoironico del regista. Il risultato è un film pieno di problematiche, ma incredibilmente godibile, divertente e avvincente, con i suoi eccessi e le sue esagerazioni che a tratti possono far storcere il naso.
A margine, una parentesi critica può essere aperta sull’etichetta di “esordiente” nei confronti di una personalità altamente nota e che nel passaggio alla regia viene avvantaggiato dalla fama di attore, ma questo non inficia realmente sulla resa finale del film, quanto più che altro sulla sua visibilità. Nel complesso, Dev Patel con Monkey Man si apre al mondo della regia con umiltà ma anche con tanta voglia di mettersi in gioco. Quella che sembra essere una direzione chiara manca ancora di caratteristiche stilistiche specifiche, ma il film, per quello che è, riesce comunque a portare a compimento le sue premesse.
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Alberto Militello