Il 15 settembre arriva in sala Nido di vipere, l’affascinante esordio del regista coreano Kim Yong-hoon distribuito in Italia da Officine UBU. Nido di vipere, adattamento di un romanzo di Keisuke Sone, è un thriller grottesco in salsa pulp che prende le mosse da un’idea narrativa semplice per costruirvi attorno una rete di incastri di trama brillante e capace di mantenere alto l’interesse dello spettatore per tutta la durata del film.
Il MacGuffin di Nido di vipere è una borsa di Louis Vuitton ricolma di denaro. Un uomo la trova mentre fa le pulizie in una sauna di Pyeongtaek e, dopo vari tentennamenti, la nasconde in un luogo sicuro dove nessuno potrà recuperarla, mentre allo stesso tempo riflette sulla possibilità di portarla a casa o meno. Chi è il proprietario della borsa? Perché non è ancora venuto a ritirarla? Le risposte a queste domande diventeranno chiare solamente dopo aver esplorato le vicende di un ricco cast di personaggi che sembra uscire direttamente da un film di Quentin Tarantino, in un gioco di incastri complesso che ci porterà alla conoscenza di un funzionario doganale corrotto, un detective strambo, un gruppo di malavitosi, una donna abusata dal marito e diverse altre curiose personalità.
Il punto di forza più grande del film di Kim Yong-hoon è la sua consapevolezza e capacità nell’intrecciare le varie storie dei personaggi che mano a mano introduce, lasciando il tempo allo spettatore di entrare in contatto con le esperienze personali di ciascuno di essi, approfondendone a dovere le relazioni interpersonali e il modo di pensare. Ciò che unisce i personaggi di Nido di vipere – al di là degli effettivi legami che potrebbero o non potrebbero avere tra loro – è l’attitudine e la disposizione nei confronti del denaro, tematica centrale nell’economia complessiva del film. Di fronte alle possibilità date dall’eventualità di entrare in possesso di una grande somma di denaro, gli individui protagonisti di Nido di vipere sembrano mutare completamente, muovendosi da un assetto valoriale all’altro con una rapidità impressionante e ai limiti della razionalità.
Tutto questo rientrerebbe di norma nei canoni del già visto (pensiamo anche solo ad alcune opere recenti simili come La grande scommessa di Adam McKay, The Laundromat di Steven Soderbergh o anche Parasite di Bong Joon-ho) se non fosse per l’ottimo lavoro registico messo in atto da Kim Yong-hoon. Da un plot twist all’altro, l’intreccio di Nido di vipere riesce a divertire e a tenere incollati allo schermo per tutto il suo runtime, passando da fasi più tranquille, che permettono allo spettatore di scavare a fondo nel carattere e nelle motivazioni dei personaggi, a momenti più intriganti e d’azione, spesso accompagnati da una buona dose di violenza (senza raggiungere però i livelli del già citato Tarantino). La struttura non lineare, la buona direzione registica e soprattutto l’ottimo equilibrio nel ritmo dello storytelling rendono Nido di vipere un film meritevole d’attenzione e che porta con sé grandi aspettative su quelli che saranno i progetti futuri di Kim Yong-hoon.
Daniele Sacchi