La commedia è il genere più apprezzato – e diffuso – del cinema francese, costellato di buoni, se non ottimi film, ma che spesso rischiano di perdersi nella mediocrità. Non è il caso di Pallottole in libertà (En liberté!), film presentato al Festival di Cannes del 2018 e diretto da Pierre Salvadori, autore impegnato anche in produzioni seriali per la TV. Sopra le righe, dark nella maniera più esilarante, il film rispetta i canoni della commedia francese, pur affacciandosi al nuovo.
Yvonne Santi (Adèle Haenel) è una poliziotta, vedova di un capitano considerato come un grande eroe dalla comunità. Si scopre presto che dietro la fama dell’uomo si nasconde una scia di corruzione e imbrogli che ha portato un innocente, Antoine Parent (Pio Marmaï), in galera. Afflitta dal senso di colpa, Yvonne decide di aiutare, anonimamente, il giovane Antoine, mentalmente provato dalla detenzione, così che possa rifarsi una vita. Una trama tanto scarna quanto efficace: l’equivoco e il continuo accavallarsi di assurdità ne fanno da padrone. Pallottole in libertà certifica il ritorno, per Salvadori, alla commedia dark delle sue origini, nello specifico quella di Cible émouvante (1993) e di Les Apprentis (1995), pur rimanendo in linea con lo stile dei suo film successivi: una comicità prorompente, dal ritmo frenetico, un crescendo in cui l’assurdo trova un suo spazio, una sua misura, senza mai scadere in quelle banalità in cui è così facile incappare quando si cerca di far ridere lo spettatore a tutti i costi.
Uno dei principali tratti di continuità dell’autore si può individuare nella presenza nel film di un personaggio “folle”, inteso nel senso più pirandelliano, ovvero di un personaggio che si muove al di là di qualsiasi regola sociale, anche le più banali. Il comico nasce così proprio in quel processo di reinserimento del “folle” nella società, in quello scontro tra estremi che è di fatto, l’essenza stessa della comicità. Questo procedimento era già abbastanza chiaro in un titolo meno recente di Salvadori, In amore c’è posto per tutti (Après Vous, 2003), in cui un uomo sventa un suicidio per poi aiutare il suicida stesso a riprendere il controllo della sua vita. Nel caso di Pallottole in libertà, però, il processo è più estremo, svincolato per certi aspetti dal limite della credibilità, ma senza mai sfociare nel demenziale, tratto più caratteristico invece della commedia americana.
Pallottole in libertà è quindi un film assolutamente e volutamente leggero, in cui l’autore gioca liberamente con le caratteristiche del genere per creare tensioni narrative che risultano nella produzione del sentimento comico: una prova che una certa spensieratezza narrativa non deve necessariamente essere intesa come un malus, bensì come un’arte a sua volta, qualora si adoperino gli strumenti narrativi migliori per veicolarla. Il film di Salvadori è sicuramente un ottimo esempio della possibilità (e, anzi, della necessità) di reinterpretare i generi – soprattutto quelli considerati classici – senza il bisogno di stravolgerne completamente la struttura, ma, anzi, cercando di fornirle una nuova vita.
Alberto Militello