Per gli appassionati di fumetti americani, è sufficiente sapere che Preacher (2016-2019, qui il trailer della prima stagione) è l’adattamento per la TV dell’omonima testata scritta e ideata da Garth Ennis e illustrata da Steve Dillon. Un’accoppiata di nomi che da sola dice tutto ciò che c’è da sapere, Ennis soprattutto. Le storie da lui ideate si distinguono per la violenza estrema, splatter e dissacrante, valori a cui questa trasposizione rende decisamente onore: non a caso i due creatori hanno partecipato alla produzione di svariati episodi, come una sorta di marchio di garanzia. Per i non appassionati, l’incipit è questo: Jesse Custer (Dominic Cooper) è un pastore, un uomo di Chiesa sicuramente molto poco ortodosso, che diventa veicolo di un grande e pericoloso (super) potere, la voce di Dio. Insieme ad una altrettanto insolita compagnia cercherà di risolvere il mistero legato alla sua nuova abilità, scontrandosi con forze ben più grandi di lui: scopriremo presto, però, che il nostro preacher ha con sé più di un asso nella manica.
Durante le quattro stagioni, le vicende sono completamente dominate dal caos, i personaggi ragionano in maniera delirante e contorta (tanto i buoni quanto i cattivi), in un crescendo di assurdità, molto ben studiate, che danno vita a scene di una frenesia che risulta quasi liberatoria per chi guarda, pur concesso che lo spettatore si privi prima di qualsiasi filtro morale. Il tutto è reso possibile da un’accurata selezione di personaggi, la forza e il cuore pulsante della serie. A far compagnia a Jesse abbiamo Cassidy (Joe Gilgun) e Tulip (Ruth Negga). Cassidy è un vampiro irlandese, dipendente da ogni tipo di droga, esperto di pop culture (avendo vissuto più di un secolo), che non si spiega il successo de Il grande Lebowski (Joel e Ethan Coen, 1998); Tulip è una testarda criminale e assassina freelance, appassionata principalmente di auto, soldi e del suo mestiere. Episodio dopo episodio, stagione dopo stagione, la rosa dei personaggi si arricchisce di elementi sempre più eccentrici, provenienti dal mondo della storia, del mito e della religione, reinterpretati e trasformati fino al punto da rendere una figura come quella di Adolf Hitler una delle meno esagerate.
Un aspetto molto interessante è sicuramente costituito dal team di produttori (esecutivi e non) dietro la serie. Da un lato la coppia Seth Rogen e Evan Goldberg, sicuramente due profili tra i più importanti nell’ambito degli stoner movie, dall’altro Sam Catlin, tra i principali sceneggiatori e produttori di Breaking Bad (Vince Gilligan, 2008-2013). È come se in Preacher si mettesse in atto l’incontro tra i due universi: Rogen e Goldberg sono quelli che dagli anni 2000 contribuiscono al filone stoner in maniera sostanziale, definendone alcuni tasselli importanti, soprattutto inserendo il genere nel quotidiano, attualizzandolo, pur senza perdere la componente comico-esilarante. In questa serie lo stile delirante e apocalittico di This is the end (Rogen – Goldberg, 2013) incontra certe ambientazioni e dinamiche di Breaking Bad, tutto coronato da una ricca dose di scazzottate, sparatorie e sbudellamenti firmati da Garth Ennis.
Nonostante Preacher sia una serie targata AMC, il grande pubblico vi ha avuto accesso grazie alla piattaforma Prime Video che ha amato il prodotto abbastanza da volerne ricreare il team per la creazione di una serie Prime Original, ovvero The Boys, prodotta da Rogen e Goldberg e tratta da un fumetto di Ennis. Questo genere di prodotti non sono certo una novità per il colosso di Jeff Bezos, che continua a regalarci adattamenti di opere di grandi autori dal mondo del fumetto e della letteratura, come Philip K. Dick e Neil Gaiman. A prescindere dalla buona riuscita di questi esperimenti, serie come Preacher risultano sicuramente come una boccata d’aria fresca in un universo produttivo dominato dal politically correct e da una moltitudine di serie che gode di vita troppo breve o eccessivamente lunga.
Alberto Militello