C’è una grande differenza tra nascondersi dietro gli stereotipi e abbracciarli completamente. School of Mafia, il terzo lungometraggio di Alessandro Pondi, è una dark comedy che esaspera quel modello che lega indissolubilmente la Sicilia e i siciliani alla mafia e all’illegalità, restituendo un prodotto esilarante, che rianima il genere della commedia nostrano, in bilico tra l’impegnato e il demenziale.
La morte idiotica di un vecchio boss newyorkese (Tony Sperandeo) fa vacillare gli equilibri di potere tra le tre grandi famiglie malavitose della grande mela. I tre boss, riuniti, lamentano l’impreparazione delle nuove generazioni alla gestione dell’impero mafioso costruito con tanta fatica dai genitori. L’unica soluzione è quella di rapire i loro stessi figli e mandarli in Sicilia, alla scuola di Mr. T (Nino Frassica), l’uomo che ha insegnato loro tutto. Da qui, il susseguirsi di episodi che, citando i capolavori della cinematografia di genere, mettono in luce i paradossi che permeano la mentalità mafiosa, ma soprattutto smontando i cliché che quello stesso cinema – soprattutto americano – ha istituito e alimentato.
La particolarità dello stile di Pondi è quella di comunicare con la cinematografia di genere adeguandola al contesto italiano. Non tenta, cioè di mettere in scena una brutta copia di un film internazionale, ma coglie gli elementi di un genere per proporli rivisitati, adattati e in linea con un pubblico, una scuola attoriale – ma, in generale, un gusto – diversi. Sebbene nel suo primo lungometraggio, Chi m’ha visto (2017), le eco e i riferimenti al genere western sono profondi ed evidenti, non ci si scorda neanche per un secondo di essere in Puglia. Eppure, le dinamiche del film, restano fondamentalmente quelle del western. Allo stesso modo in School of Mafia risuona una certa comicità che guarda al black humor inglese e alla leggerezza delle commedie francesi, pur rimanendo un film pienamente italiano, con la sua comicità fortemente legata alle caratterizzazioni regionali, ma anche a un tipo di ironia che, talvolta, si perde nella banalità.
Un’altra caratteristica del cinema “comico” italiano, è legata all’utilizzo degli stereotipi, sia di genere che regionali, per la creazione di personaggi che vivono unicamente per dare colore alla scena. In questo caso lo stereotipo viene abbracciato, studiato, sfruttato e superato. È così per il personaggio di Tony Masseria, interpretato da Michele Ragno, che si presenta in linea con la “maschera” dell’omosessuale, continuamente presente nella commedia italiana di bassa lega con caratteristiche ricorrenti, dal desiderio sessuale continuo e ossessivo all’abbigliamento stravagante, da essere fonte di continua derisione senza alcuna influenza sulla trama a mera occasione per mettere in scena una serie di battute a sfondo sessuale. Il personaggio di Tony, invece, oltre a essere uno dei protagonisti principali, ha un rapporto critico con i suoi aspetti caratterizzanti, il che non esula dal comico, anzi, restituisce proprio una comicità più fresca e intelligente che, se non altro, attualizza lo stereotipo.
School of Mafia riesce, quindi, a collocarsi in quella rosa ristretta di film che tentano di rilanciare in Italia un genere che, pur essendo tra i più comuni, raramente regala film degni di nota. Una bella sorpresa per chi è alla ricerca di un film “per ridere”, una pellicola che sa essere esilarante e leggera, senza scadere troppo nella banalità.
Alberto Militello