Si parla spesso del capitalismo americano e delle criticità del suo modello sanitario, ma fin dove può spingersi questo mostro? Cosa significa, realmente, l’avidità di chi si trova in una posizione di potere all’interno di un sistema del genere? The Good Nurse di Tobias Lindholm approfondisce queste tematiche importanti in un film cupo che porta con sé verità amare, non riuscendo però a farsi valere fino in fondo da un punto di vista artistico.
Un’infermiera (Jessica Chastain) malata di cuore, turni di notte estenuanti, la fatica nell’assistere i pazienti per raggiungere quei requisiti minimi che le servirebbero ad ottenere l’assicurazione sanitaria per trattare la sua malattia. In questo equilibrio precario arriva, come manna dal cielo, Charlie (Eddie Redmayne), un qualificatissimo infermiere che renderà meno faticosa la vita in ospedale per la protagonista, rivelandosi anche un buon amico. Un’indagine della polizia sul decesso di una paziente, però, trasforma presto quello che sembrava un tipico dramma medico in un thriller che si sofferma progressivamente su una scia sempre più lunga di morti sospette avvenute in diversi ospedali.
Trattandosi di una storia vera che si appoggia anche all’omonimo racconto true crime di Charles Graeber, è sicuramente difficile adattare dei fatti reali ad una narrazione incalzante senza alterare la verità di ciò che è successo. È inequivocabile, però, che il film abbia un ritmo eccessivamente fiacco e poco stimolante. Il “salto” da dramma a thriller è sicuramente interessante e imprevisto, ma una volta entrati in quello stile, le sue dinamiche non vengono seguite a pieno, mancano suspense, capovolgimenti significativi o cliffhanger di alcun tipo. L’indagine scorre liscia fino alla sua risoluzione.
I riferimenti e la critica al sistema sanitario americano sono tuttavia evidenti, espressi apertamente e senza nessun filtro, rivelandosi anche particolarmente mirati ed efficaci. Da questo punto di vista, il messaggio è ben veicolato, dopotutto Netflix è paladina delle cause sociali e i suoi messaggi sono sempre dritti al punto. Ciò che viene a mancare è una riuscita complessiva di un film che, pur con un background autoriale importante, riesca a superare la mediocrità artistica ed essere effettivamente coinvolgente. Sicuramente ci si aspettava di più dalla rinomata sceneggiatrice Krysty Wilson-Cairns (penna di Last Night in Soho e 1917) e da una figura come Tobias Lindholm, co-autore insieme a Thomas Vinterberg de Il sospetto e di Un altro giro. Quello che resta forte lungo tutta la durata del film, anche perché sottolineato in modi diversi, è appunto il messaggio di critica. È esemplare, in tal senso, la risposta del colpevole sul perché della sua sfilza di omicidi: «perché nessuno mi ha fermato».
La portata del messaggio sociale veicolato non è però sufficiente a rendere The Good Nurse un ottimo film. The Good Nurse è un’opera dai contenuti senz’altro interessanti, che propone uno sguardo ravvicinato verso una realtà complessissima come il sistema sanitario degli Stati Uniti. Il tutto viene affrontato però da un film che, per quanto intenso a tratti, risulta come un’operazione poco originale e ritmicamente troppo piatta.
Alberto Militello