Uno sguardo vuoto ci accoglie all’interno della dimensione di The Neon Demon, uno sguardo spento, senza luce, privo di vita. Dei flash insistenti rompono l’atmosfera cupa e misteriosa che ci ha dato il benvenuto nella diegesi del film. Il tutto potrebbe sembrare la rappresentazione di una tipica scena del crimine, con la polizia scientifica nell’atto di raccogliere più immagini possibili del luogo del delitto, ma all’improvviso una carrellata all’indietro ridimensiona la nostra immaginazione. Si tratta di un set fotografico dove la presunta vittima è in realtà una giovanissima modella e chi scatta le foto non è altro che un aspirante fotografo professionista che la sta scrutando da dietro l’obiettivo. Siamo a Los Angeles, la terra del successo e dei sogni infranti, e questo è The Neon Demon, ultimo lungometraggio del regista danese Nicolas Winding Refn.
Jesse (Elle Fanning) è una giovanissima ragazza che decide di trasferirsi a Los Angeles in cerca di una propria identità, abbandonata a se stessa e con un bagaglio personale esiguo. Partita con poco più di una borsa dalla lontana provincia americana, i suoi primi momenti nella città degli angeli sembrano aprirle le porte di un futuro radioso come modella. Jesse è di una bellezza eterea, pura, tanto invidiata da altre ragazze che sognano di apparire su una rivista patinata e che sono disposte a tutto pur di ottenere notorietà.
È così che la ragazza conosce Ruby (Jena Malone) e due altre modelle professioniste che, con intenti mai chiari verso la sua persona, prendono Jesse sotto la loro ala protettrice, cercando di dissuaderla in qualche modo dal cadere nelle grinfie dei predatori che affollano LA e allo stesso tempo circuendola per i loro loschi scopi.
Con The Neon Demon, Refn affronta e mette in scena la parte più oscura di Hollywood: la macabra corsa verso il successo che vede molti giovani ragazzi vittime di un percorso pieno di insidie, falsità e riflettori che celano il distorto mondo dello spettacolo.
Refn comunica immediatamente al pubblico quale sia il suo intento e lo fa indirettamente, affidando poco alle parole e tanto alla forma stessa del cinema. Con il passare dei minuti, da quando Jesse arriva in città per iniziare una nuova vita, la luce naturale piano piano scompare per lasciare posto all’artificio. Già dalla prima scena notiamo la ricostruzione in studio di ambienti e scenari mentre, alle spalle del set, una grandissima finestra ci mostra l’oscura vita notturna di Los Angeles: un’apparenza che cela al suo interno tanta oscurità. La vita vera, così come la luce del giorno, piano piano si dissolve lasciando spazio alla superficialità, all’illuminazione artificiale e artificiosa.
Jesse, di fatto, durante l’arco narrativo del film vive un graduale dissolversi della propria identità. Se all’inizio ci viene presentata come una ragazza di provincia ingenua e sognatrice, verso la metà del film cade nella trappola del cosiddetto “demone del neon”, un’entità oscura che cancella la spontaneità per lasciare spazio al male.
Di questo demone, però, non se ne farà mai il nome, né sarà mai mostrato apertamente dal regista. Si evince, però, che i personaggi con cui si imbatterà Jesse siano essi stessi dei seguaci di questa entità. Per loro, la fama è un’ossessione che viene venerata e il culto del proprio corpo è simbolo di questa fede oscura. Gli specchi, infatti, sono oggetti molto ricorrenti nel film ed è proprio tramite questi che Jesse cederà al demone oscuro.
Per Ruby e le sue “amiche” non esiste altro al di fuori di sé e non vi è nemmeno il posto per conservare la propria anima. Sono disposte a tutto pur di primeggiare e Jesse non è altro che l’esempio perfetto che racchiude contemporaneamente la nostalgia di un’ingenuità perduta e l’aspirazione verso una bellezza pura che non potranno mai ottenere.
La vera protagonista del film non è quindi l’affascinante sedicenne ma la tenebrosa Fama. D’altronde, la prima cosa che Refn ci mostra è il risultato di questa ricerca ossessiva della perfezione assoluta: la morte, l’infrangersi dei sogni. Jesse è solo una delle tante vittime che la Fama ha mietuto e il suo cambiamento è lo stesso che molti altri hanno provato sulla loro pelle. Noi non conosciamo quasi per niente il passato di Jesse, anzi, sappiamo le stesse cose che anche gli altri protagonisti del film sanno. Refn ci rende indifferenti al background di Jesse come lo sono tutti i personaggi che la ragazza incontra nel suo percorso. Restiamo testimoni inermi del destino della ragazza e, alla fine, ne usciamo rassegnati. Il regista, infatti, non ci mostra alcun tipo di redenzione, di pentimento, di dissociazione. È come se questo “demone del neon” fosse indistruttibile, onnisciente e ubiquo. Chi cerca il successo, prima o poi, dovrà affrontarlo e, per vincerlo, dovrà decidere se cedere all’oscurità oppure ingannarlo diventando a sua volta predatore, come un indomabile puma.
Erica Nobis