The Spy è una miniserie del 2019 creata e diretta da Gideon Raff, già showrunner di Prisoners of War (2010-2012) e produttore del suo remake americano, Homeland (Alex Gansa, Howard Gordon, 2011-2020). Ambientata tra Siria e Israele negli anni ‘60, The Spy (di cui abbiamo parlato anche qui) racconta la vita di Eli Cohen, una spia israeliana – meglio nota con il nome di Kamel Amin Thaabet – di stanza proprio nel territorio siriano, interpretata magistralmente da Sacha Baron Cohen.
Generalmente parlando, la qualità principale delle miniserie risiede nella loro stessa definizione, cioè quella di poter esaurire completamente un argomento in un unico ciclo narrativo senza però risultare come un film “a pezzi”, mantenendo pertanto una vera e propria struttura episodica con i suoi ritmi tipici. Un altro punto in comune di molte miniserie (specialmente quelle prodotte o distribuite da Netflix) risiede nell’enfasi data a temi sociali o d’attualità. A tal proposito, la Siria è attualmente una delle zone più calde del Medio Oriente, sia per i precari e complessi equilibri politici, sia per le conseguenze mondiali che questi portano con sé. Non è quindi un caso che The Spy vada ad indagare un episodio specifico ambientato negli anni ‘60, ovvero uno dei momenti chiave per la questione siriana e tutti gli sviluppi successivi che la riguardano.
È perciò chiaro che i due obiettivi principali di un’opera del genere sono il veicolare al meglio una realtà storica e, allo stesso tempo, il cercar di realizzare un prodotto gradevole e accattivante: due propositi, di fatto, pienamente raggiunti. Per quanto riguarda la fotografia e certi cromatismi, è molto interessante l’utilizzo di tonalità tenui e spente che già da sole basterebbero a trasmettere il contesto storico, quasi come se ci trovassimo di fronte ad un documentario dell’epoca. A questo si aggiunge l’ottima interpretazione di Sacha Baron Cohen che restituisce tutte le sfaccettature di un personaggio complesso all’interno di una situazione altrettanto difficile, un individuo vessato dall’impossibilità di lasciarsi andare, di abbassare la guardia mentre vive due identità che immancabilmente tendono a sovrapporsi e a scontrarsi: da un lato troviamo Eli, il contabile israeliano e marito devoto, dall’altro Kamel, il magnate siriano. In questa dualità, “la spia” diventa quasi una terza identità, un terzo aspetto della sua vita, costretta a fare cose che né Eli né Kamel farebbero.
The Spy ci mostra così il volto di una zona geografica oggi devastata dalla guerra in un’epoca in cui il fondamentalismo islamico non si era ancora pienamente imposto, un territorio, però, non meno vittima di trame e di giochi di potere nelle mani di pochi, con gli occhi del mondo (e, soprattutto, degli USA) sempre puntati addosso. In ultima analisi, anche tralasciando questioni relative alla fedeltà storica e l’interesse culturale, The Spy non è nient’altro che un ottimo prodotto di genere spionistico, coinvolgente e ben costruito.
Alberto Militello