Tick, Tick… Boom!, il tempo che passa, il traguardo dei trent’anni che si avvicina, la possibilità di essere un giovane talento che va in fumo, ma anche il cronometro della malattia che avanza. Il musical scritto e ideato da Jonathan Larson e diretto per Netflix da Lin-Manuel Miranda racchiude già nel suo titolo le diverse tematiche di cui la vicenda tratta, proponendosi come un magnifico adattamento per lo schermo di un lavoro ideato per il teatro che, sfruttando le peculiarità intrinseche dell’opera originale, si trasforma in un vero e proprio tributo per Larson, scomparso prematuramente nel 1996.
Il copione originale di Tick, Tick… Boom! prevede solamente Larson al piano, una band rock e un paio di voci. Il racconto è di natura biografica e segue i giorni precedenti al trentesimo compleanno dell’autore e al completamento di un altro musical, Superbia, un testo che ha richiesto a Larson moltissimi sacrifici ma che purtroppo non vedrà mai la luce. L’opera è, in partenza, metateatrale, ma Lin-Manuel Miranda – qui all’esordio alla regia di un lungometraggio, ma con una consolidata esperienza di sceneggiatura e scrittura anche musicale – fa un passo avanti e sfrutta appieno il mezzo cinematografico per mettere in immagine il racconto di Larson (interpretato da Andrew Garfield, un attore che non smette mai di mostrare la sua poliedricità). Così, il musical si trasforma in biografia e in omaggio all’opera di un visionario, il classico caso di artista incompreso che non ha avuto l’opportunità di vedere il proprio lavoro rappresentato in scena. Larson, infatti, muore all’età di trent’anni, poco prima del debutto del suo Rent.
Dal racconto si capisce che proprio in Rent confluiranno molte delle spinte e delle idee che si trovano sia in Superbia che in Tick, Tick… Boom!, ma in una veste semplificata e più immediata, più simile al musical tradizionale, ma con tematiche assolutamente attuali e poco trattate, soprattutto alla fine degli anni Novanta. In Tick, Tick… Boom! possiamo individuare l’esaltazione di un certo ambiente artistico newyorkese, di artisti squattrinati, di reietti e del dilagare dell’AIDS, stigma e tabù di quegli anni che ha coinvolto molte personalità vicine all’autore. Dovendo parlare nello specifico dell’adattamento di Miranda, non si può che complimentare l’abilità del regista nel tenere in equilibrio in maniera chiara ed efficace i più livelli attraverso i quali la narrazione si esprime, ovvero lo spazio “sospeso” del palco, sul quale avviene la narrazione, gli episodi narrati e, infine, la verità storica.
Tick, Tick… Boom! è, quindi, un ottimo esempio di adattamento per il cinema, realizzato con maestria e anche con una buona dose di coraggio da parte di Miranda, che riesce a essere fedelissimo all’autore e alla sua memoria, pur applicando delle alterazioni narrative importanti. L’opera in sé, infine, è un tributo all’arte, o meglio ancora, agli artisti, un’esaltazione di uno dei generi, ormai storici, che più contraddistingue la cinematografia statunitense.
Alberto Militello