Sono numerosi i punti di contatto tra la filmografia di Arnaud Desplechin e la bibliografia di Philip Roth: la rappresentazione di personaggi di origine ebraica (Esther Kahn, Il fantasma di Ismael), una narrativa che supera le barriere tra letteratura, teatro e cinema (I segreti degli uomini), l’ossessione per l’amore, la paura della morte e della malattia. L’incontro con Tromperie avviene quindi in maniera naturale dato che il romanzo di riferimento affronta tutti questi elementi.
Unica opera in cui Roth chiama il personaggio come se stesso, Tromperie parla dello scrittore Philip (Denis Podalydès), newyorkese trasferitosi a Londra, che passa le giornate nel suo studio alternando alla compagnia della bella amante senza nome (Léa Seydoux) la scrittura di un diario delle sue esperienze private, destinato a diventare il suo prossimo romanzo. Nonostante entrambi siano in fuga da un matrimonio in crisi, è lei quella che appare più bisognosa delle attenzioni dell’altro. Diviso in undici capitoli e un epilogo, il film racconta delle storie di Philip con le sue diverse amanti e del deteriorarsi del rapporto con la moglie.
Tromperie è un’opera pluristratificata che si apre con un incipit che è anche una dichiarazione d’intenti: due immagini affiancate, New York a Londra, rappresentanti il movimento di Philip da una città all’altra e due realtà distinte ma coesistenti, due modi diversi di vedere una stessa vita. Lo split screen si apre come un sipario, Léa Seydoux e Denis Podalydès si muovono sul palcoscenico che lascia il posto, senza nessuno stacco, allo studio dello scrittore, come se fossero sempre stati lì. Finzione e realtà si intrecciano fin da subito, come si intrecciano i narratori in uno schema di scatole cinesi: Desplechin racconta Roth, che racconta Philip, che racconta se stesso. E se aprissimo il diario del personaggio lo schema potrebbe ripetersi all’infinito in un continuo moltiplicarsi di immagini. Una riflessione sulla realtà delle immagini e delle rappresentazioni che diventa centrale nel litigio tra lo scrittore e la moglie (Anouk Grinberg), che non riesce a comprendere se la realtà della narrazione coincida con la sua o se sia soltanto finzione. L’inganno del titolo sta in questa relazione trasduttiva in cui i due poli si influenzano reciprocamente e costantemente nel loro darsi, una relazione che a sua volta descrive il rapporto tra due persone che si amano, in cui l’influenza reciproca modifica costantemente gli amanti.
Tromperie è un film difficile da vedere nel 2022 perché si porta dietro una serie di critiche, anche giustificate, sul ruolo della donna nel romanzo di Roth. Tutte le figure femminili vivono solo e soltanto in funzione del protagonista maschile e degli uomini, al punto che una giovane e brillante studentessa di Philip arriva a curarsi con l’elettroshock a causa delle troppe delusioni d’amore. Donne fragili e incapaci di stare da sole che si realizzano solo nella storia d’amore con un narcisista, interessato unicamente ad appagare il suo ego e vedere soddisfatta la sua necessità di sentirsi importante.
Il capitolo intitolato Il processo affronta proprio questo tema. Philip viene sottoposto ad un processo immaginario dalle donne, accusato di averle insultate, svilite. Lo scrittore risponde senza il minimo segno di pentimento, anzi con orgoglio se ne vanta. Si tratta di una posizione volutamente provocatoria che avvia un discorso sulla rappresentazione femminile e sulla presenza di personaggi misogini nei film che diventa lunga e complessa e di difficile trattazione in poche righe, ma che potrebbe essere semplificata nella domanda: se è vero che i movimenti di emancipazione femminile hanno mosso delle critiche utili a comprendere posizioni problematiche, queste rappresentazioni devono necessariamente essere condannate o sarebbe più utile mantenerle in modo da avviare un ragionamento critico?
Indipendentemente da ciò, Tromperie è un ottimo film che indaga lo statuto delle immagini nella rappresentazione cinematografica, e che trova la sua forza anche nelle ottime interpretazioni del suo cast di attori.
Gianluca Tana